L’imprenditore barese Antonio Petroni è tornato libero dopo 15 mesi trascorsi tra carcere e domiciliari.
Arrestato a febbraio del 2024 nell’ambito dell’inchiesta “Codice interno” della Dda e della squadra mobile di Bari su presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria cittadina, Petroni è stato rimesso in libertà dal gup Giuseppe De Salvatore che ha accolto la richiesta dei suoi avvocati Massimo Chiusolo e Attilio Altieri, rilevando che «non risultano elementi che consentano di ritenere attuale il pericolo di reiterazione del reato contestato», di altri della stessa specie, né «sussistono il pericolo di inquinamento probatorio» o di fuga.
La Dda di Bari, nel processo in abbreviato in cui l’imprenditore è imputato insieme ad altre 107 persone, ha chiesto nei confronti di Petroni una condanna a sei anni di reclusione per scambio elettorale politico-mafioso.
Per l’accusa, nel 2019 avrebbe promesso all’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri voti per la moglie, Maria Carmen Lorusso, in cambio di buoni benzina e buoni spesa. Olivieri, per la Dda, avrebbe comprato voti da tre clan di Bari per favorire l’elezione di Lorusso (poi avvenuta) al consiglio comunale di Bari, e per questo l’accusa ha chiesto nei suoi confronti la condanna a 10 anni. Petroni nel 2019 era candidato come consigliere municipale ma non risultò eletto.
Nel corso di un lungo interrogatorio dello scorso gennaio, Petroni riferì di aver incontrato Olivieri solo una volta, nel corso di una cena, e di non aver ricevuto o fatto proposte relative ad accordi illeciti. Si sarebbe invece accordato con un altro imputato, Michele Nacci (candidato in ticket con Lorusso) per scambiarsi reciprocamente dei voti, ma non in cambio di denaro. Ma Nacci, sempre secondo quanto raccontato da Petroni, avrebbe dirottato i voti per la circoscrizione nei confronti di un’altra candidata, e da qui sarebbe nata una dura lite tra i due dopo la quale i rapporti si sarebbero interrotti.