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Le indagini dopo Codice Interno, Giannella: «Focus aperto sul voto di scambio»

Una criminalità social, che ama ostentare, creando consenso sociale, mentre la parte buona della società pugliese mostra segnali di assuefazione. Un voto di scambio emerso in diverse indagini, sul quale l’attenzione resta ancora molto alta. È il quadro emerso dall’audizione del coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella, ascoltato ieri a Roma dalla commissione parlamentare…
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Il coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella sentito a Roma

Una criminalità social, che ama ostentare, creando consenso sociale, mentre la parte buona della società pugliese mostra segnali di assuefazione. Un voto di scambio emerso in diverse indagini, sul quale l’attenzione resta ancora molto alta. È il quadro emerso dall’audizione del coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella, ascoltato ieri a Roma dalla commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie.

La mafia barese

Convocato per riferire su quanto emerso dalle inchieste degli ultimi anni sul fenomeno del voto di scambio a Bari, ha parlato per mezz’ora, ampliando il tema dell’audizione e sollecitando l’attenzione dei presenti su altri aspetti, ritenuti altrettanto importanti. «È cambiato l’approccio della mafia sul territorio – ha spiegato – diventa più furbo e in grado di provocare una minore reazione civile. È aumentata nei cittadini la percezione di sicurezza dopo le operazioni antimafia, ma purtroppo si è attenuata la capacità di cogliere i segnali più nascosti della presenza della criminalità organizzata».

Il grido d’allarme

«Questo è il grido d’allarme che avevo voluto lanciare, quello di prestare attenzione a fenomeni più preoccupanti da un punto di vista sociale anche perché suscitano meno reazione. E che io registro quotidianamente facendo antimafia sociale: partecipiamo a incontri con gli studenti nelle università, nei licei, con associazioni antimafia, e registriamo una capacità di appassionarsi al tema molto diverso. Mentre, per esempio, nelle zone dove la mafia è ancora molto forte dal punto di vista militare registriamo un interesse fortissimo, durante gli incontri nel capoluogo, per una serie di ragioni sociologiche, culturali, l’attenzione e la tensione delle persone è diversa. Il classico esempio è un incontro antimafia all’università dove noi addetti ai lavori siamo tutti schierati, però il nostro pubblico formato principalmente da studenti universitari è totalmente disattento. Stanno lì che giocano sullo smartphone, appena passa il foglio di presenza firmano e se ne vanno. E questo è un segnale negativo che trovo preoccupante, e che mi spinge a dire che c’è assuefazione sociale di fronte ad un fenomeno che non è affatto sradicato.

Il voto di scambio

«Il voto di scambio – ha poi ripreso – rappresenta una di quelle di quelle tematiche che preoccupano di più. Abbiamo avuto negli ultimi 3-4 anni ben tre operazioni per voto di scambio a Bari, o nei comuni immediatamente limitrofi: due hanno previsto la contestazione del 416 ter, una soltanto per associazione finalizzata alla corruzione elettorale. E questo non può che essere motivo di preoccupazione, anche perché noi lo abbiamo scoperto attraverso indagini che nascevano quasi sempre da altro. Per esempio nel caso dell’indagine 416 ter del Comune di Valenzano, alle porte di Bari e che ha visto protagonista il clan Buscemi, si è partiti da un’indagine per droga e poi sono venute fuori altre realtà. Quindi il fenomeno preoccupa perché dall’altra parte c’è la constatazione del decadimento morale della popolazione che vende facilmente il proprio voto per 20, 25 euro, e che aliena in questo modo il diritto fondamentale di esprimere liberamente una propria preferenza. E quindi dire che rispetto alle consultazioni elettorali che si svolgeranno più in là alle prossime o a quelle future non esista un motivo di preoccupazione, sarebbe una stupidaggine. È preoccupante sempre, sebbene si tratti, almeno per quello che abbiamo scoperto noi, di fatti non generalizzati. Comunque, si tratta di fatti confinati a determinati candidati e a determinate situazioni specifiche. Le indagini non finiscono, abbiamo sempre un focus aperto su questo tema. È chiaro che dal punto di vista delle strategie investigative, non possiamo aprire un fascicolo per voto di scambio contro ignoti, dobbiamo partire da alcuni elementi concreti su cui poi eventualmente sviluppare un’attività investigativa. Elementi concreti che, però, non sempre arrivano».

L’infiltrazione negli affari

L’altro aspetto preoccupante dell’evoluzione della criminalità organizzata è l’infiltrazione e il condizionamento di settori dell’economia. «L’indagine Codice Interno è il primo caso in Italia di amministrazione giudiziaria ex articolo 34 di una municipalizzata, che è una società privata, però a socio unico – ha spiegato – ma sono emerse anche almeno un caso di reinvestimento nell’ambito della ristorazione e poi nell’invasione del settore della vendita del caffè. Il clan Parisi si era appropriato del mercato della fornitura di caffè di bassa qualità e ad alto costo, fornendo questo servizio ai commercianti grazie ad un’opera di convincimento che in un territorio come quello non ha bisogno di essere esercitato attraverso la coercizione violenta, perché sono persone conosciute rispetto alle quali quindi non è necessario esternare esplicitamente la mafiosità». Per Giannella allora «deve essere ridestata l’attenzione della gente, che deve sapere che le mafie sono presenti, sono capaci di condizionare in alcuni casi l’economia di un territorio che tra l’altro sta vedendo uno sviluppo in senso turistico inaspettato fino a poco tempo fa. Però sembra quasi che la gente sia molto contenta di vedere soltanto l’aspetto carino della cosa, no? Direi un po’ cinematografico alla Lolita Lo Bosco, che tutto è tutto folklore, fa comodo pensare che sia così».

La criminalità social

Un altro aspetto sul quale il coordinatore Dda ha richiamato l’attenzione è «la violenza giovanile nei luoghi di di aggregazione sociale. Abbiamo avuto nel corso degli ultimi due anni, – ha spiegato – una serie di episodi anche collegati fra loro, di violenze commesse da giovani nelle discoteche, nei luoghi di ritrovo, dove i ragazzi si presentano per il preciso scopo di mettere in risalto la loro natura criminale. Si tratta nella maggior parte dei casi di rampolli di famiglie ben note e che si presentano nelle discoteche pretendendo di entrare senza pagare, ed entrano regolarmente armati e con le tasche piene di stupefacenti. Una delle modalità più classiche è quella di lasciare la pistola nella borsetta della ragazza che non viene mai controllata per rispetto. In queste in queste occasioni si fronteggiano, palesemente si provocano fra loro e arrivano a contendersi il palcoscenico. Perché oggi è tutto social, oggi è tutto manifestazione esteriore. Questo accade, per esempio, anche nelle carceri dove molti detenuti appena entrati riescono ad avere la disponibilità di smartphone, che nella maggior parte dei casi arrivano con i droni. Si collegano ai social mentre stanno in carcere e manifestano apertamente il fatto di essere in cella, fanno video mostrando come hanno allestito le pareti della cella. In un caso abbiamo la registrazione di un ragazzo appena entrato in cella che fa vedere le le magliette del del Bari appese ai muri, e tutto questo lo fa sapendo perfettamente di poter essere anche colto di sorpresa, intercettato. Però il messaggio è questo: “Io sono io, anche in carcere faccio quello che mi pare e quindi abbiate paura di me”».

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