Le città del futuro, parla Dino Borri: «Liberare i rioni dai criminali e difendere il territorio» – L’INTERVISTA

Dino Borri, figura di spicco nel mondo dell’Urbanistica e Pianificazione di Bari e non solo. Classe ‘46, è tra gli ingegneri più lungimiranti, attenti e lucidi del nostro tempo. Di madre barese e padre pisano, la sua è una “multi-identità” che gli permette di guardare oltre. Una sorta di “bussola” in un periodo che appare confuso per i tanti cambiamenti in diversi ambiti del tessuto sociale. A partire dal territorio con le sue infrastrutture ci chiediamo quale possa essere il destino per Bari e la Puglia.

Professore, ha un curriculum prestigioso con incarichi anche nell’Università della Calabria e prima di entrare al Politecnico di Bari è stato ingegnere di ruolo nel Comune capoluogo. Come immagina il futuro di questa regione da qui a dieci anni?

«Per una città dieci anni sono nulla; per modificare in modo serio un quartiere, un piccolo pezzo di città occorrono decenni e per cambiare una città servono centinaia di anni».

Concentriamoci fino al 2035, sullo sfondo del Piano strategico metropoli Terra di Bari avviato nel 2005 con la prima sindacatura Emiliano e dove lei ha guidato il consiglio scientifico. Cosa vede?

«In negativo sicuramente il proseguire dell’odierna cementificazione del territorio con la scomparsa degli ultimi lembi di campagna che oggi ancora residuano».

E in parallelo, sul piano sociale?

«Il proseguire dell’incapacità di liberare lo spazio dell’intera città con i suoi quartieri dalla presa delle famiglie criminali, un fenomeno che ha pochi pari in Italia e in Europa».

Sulle prospettive economiche?

«Il proseguire della disattenzione per una seria politica. Non solo: l’insistere su una situazione economica di redditi bassi e povertà più accentuata e il tutto è evidente guardando la desertificazione di ampie zone industriali con una miriade di capannoni abbandonati, dalla chiusura di piccoli esercizi commerciali nei diversi quartieri come l’emblematico esempio della via Manzoni, un tempo asse commerciale del Libertà».

Nonostante il crescente numero di bed and breakfast che fa pensare a una ripresa?

«Sono spesso incontrollati e spinti in recessi urbani socialmente e spazialmente marginali e impraticabili in un quadro di corretta accoglienza. C’è anche una disattenzione per le politiche di risanamento ambientale, per meno rifiuti, meno polveri sottili, meno calore urbano, plastiche e microplastiche nel suolo e in mare».

Professore, è un quadro desolante. Di positivo cosa intravede?

«La crescita dell’economia della conoscenza che per fortuna esiste e che rende forte l’intera città metropolitana».

Nello specifico?

«Mi riferisco alle roccaforti da tempo in importante sviluppo, anche se non diffusamente conosciute e curate: le università e laboratori di ricerca, il teatro Petruzzelli e il Conservatorio di musica, l’Istituto agronomico del Mediterraneo del Ministero degli Esteri, vera eccellenza internazionale voluta da Aldo Moro nel 1962, i licei capaci di alto livello formativo tra tradizione e innovazione, i pezzi di industria Ict, nel binomio potrei dire di “matematica e musica”».

E la Puglia come sta messa?

«Per molti versi sta meglio di Bari. Attrae con il suo mare e la sua natura, con la Murgia e il parco nazionale, il Salento, i musei e centri storici. Con le sue persistenti tradizioni promette di offrire situazioni di vita interessanti anche se andrebbe migliorato il trasporto ferroviario, in larghe parti ancora inesistente. E a questo proposito evidenzio un insufficiente trasporto pubblico nella città di Bari».

Proposte innovative per un futuro migliore?

«Quella di una politica che imponga per legge regionale un consumo zero di suolo agricolo e di bando alle microplastiche a partire dal mare, grande bene comune; una politica che promuova un’agricoltura priva di chemicals, che promuova l’ospitalità abitativa e del lavoro per le popolazioni non italiane in arrivo e di una politica di forestazione urbana massiva. E ancora, di nuclei antichi rigorosamente protetti».

Fondamentale predisporre una strategia?

«Esistono realtà importanti e sulle quali abbiamo poca concorrenza sul mercato. In primis, la condizione necessaria per migliorare è quella di contrasto alla criminalità che avvelena l’economia e ancor prima la vita sociale».

Bari è incapace autocritica?

«Sì ed è quindi lontana da modelli organizzativi oggi considerati virtuosi e mi viene in mente Napoli, città straordinaria nella sua storia di creatività e di critica».

Individua nella piena conoscenza di sé e dei propri difetti la salvezza di un territorio?

«La riflessione critica rende una città meno fragile. Le negatività e insufficienze sono tante, ma al contempo ha anche numerose cose che possono divenire agevolmente buone e belle».

Lei è nato a Bari, ha qualche “debito” con questa città?

«Verso un’infinità di persone, a partire dai giovani allievi e allieve che mi hanno insegnato tanto».

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