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Le case, gli affitti. E il caso America – L’EDITORIALE

Da qualche settimana, il nostro giornale è tornato ad occuparsi di un tema che, soprattutto a Bari, sta diventando importante. La mancanza di case in affitto per lunghi periodi. Eppure di case se ne comperano a Bari, viste le stime di mercato degli ultimi giorni che ci dicono che la città è la prima in Italia in fatto di investimenti per acquisto di case. E solo qualche settimana fa, Beppe Fragasso, ex presidente Ance, ha dichiarato in una trasmissione televisiva che il mercato è saturo. O meglio sold out.

Nonostante tutto il costruito sia stato acquistato, le case in affitto non si trovano a Bari per lunghi periodi. E questo in presenza di un calo demografico strutturale da anni che ha visto un decremento e non un aumento della popolazione passata a 315.473 abitanti al primo gennaio di quest’anno, ben al di sotto delle visionarie previsioni di Quaroni. Quindi, cosa sta succedendo? Una ragione è da ricercare nel fatto che da quando Bari è diventata una città turistica, le case sono affittate (anche a nero) per soddisfare quel tipo di clientela.

D’altra parte, la pratica è assai più redditizia dell’affitto mensile. Tanto che persino i sottani di Bari Vecchia sono diventati dei B&B. L’altra causa sta nel fatto che la presenza di studenti universitari che vengono a studiare nel capoluogo, consente di affittare anche appartamenti più grandi dei piccoli B&B, suddividendoli in stanze a due letti che rendono fino 350 euro a persona. Spesso in nero.

Questo crea non pochi problemi per chi cerca casa, come i giovani, chi vuol mettere su famiglia o chi dalla provincia vuole trasferirsi in città. Guai però a mettere un limite alla proprietà privata nel nostro Paese da parte del pubblico. Come minimo si verrebbe tacciati di vetero-comunismo. Eppure, nella liberalissima America, quella governata da Trump, si sta procedendo in questo modo.

Secondo la nuova Local law 18 i proprietari che vorranno affittare per pochi giorni la propria abitazione, non solo potranno farlo solo registrandosi al Comune, ma saranno obbligati ad essere presenti fisicamente nella casa per tutta la durata del soggiorno. Gli ospiti, inoltre, non potranno essere più di due. Pena pesanti sanzioni: i proprietari inadempienti incorreranno in multe fino a 5mila dollari, mentre le piattaforme dovranno sborsare fino a 1.500 dollari. Il divieto, è stato calcolato, potrebbe portare alla rimozione di almeno il 70 per cento delle attuali case in affitto a breve termine a New York, sono più di 40mila in totale.

Una politica adottata anche a Dallas, che ha limitato i brevi soggiorni a determinati quartieri per contrastare gli schiamazzi, o a San Francisco che ha imposto ai proprietari un massimo di 90 giorni per affittare i propri immobili su Airbnb. Una regola comune è che i gestori di proprietà possano accettare solo un certo numero di prenotazioni all’anno, ad esempio non più di 36. Alcune capitali europee hanno fatto la stessa cosa: Parigi ha stabilito un limite di 120 notti all’anno, Amsterdam addirittura 30.
Si tratta, innanzitutto di non stravolgere del tutto il volto delle città.

I quartieri turistici finiscono per assomigliarsi un po’ tutti: un’interminabile sequela di fast food, bar e ristoranti che soppiantano le più caratteristiche fiorerie, librerie, concerie e i laboratori artistici e tutto quello che rende quei luoghi diversi e interessanti e che invece stanno diventando in breve tempo solo giganteschi magna-magna o aree con negozietti di souvenir di scarsa qualità, tutti uguali e commerciali.

E poi c’è il fatto che il flusso irregolare di inquilini a breve termine ha spesso un impatto negativo sulla comunità locale, dove esistono preoccupazioni per la sovrappopolazione e la necessità di sistemazioni più permanenti. Come si vede, in quella che viene considerata storicamente la più liberale delle democrazie è stato necessario che lo Stato intervenisse per plasmare il mercato degli affitti a breve termine, rispolverando il principio del bene comune e riportando molti appartamenti sul mercato immobiliare tradizionale, contribuendo così a mitigare la crisi abitativa e contenendo anche i prezzi degli affitti tradizionali. In tutto questo c’è molto poco di bolscevismo e, invece, molto rispetto delle comunità che si amministrano.

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