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La Russa a Bari per ricordare Tatarella: «Con lui finirono le nostalgie. Meloni segue il suo percorso» – L’INTERVISTA

«Tatarella? Un visionario che ci insegnò a mettere da parte le nostalgie. In tanti ci ispiriamo a lui, ma non c’è dubbio sul fatto che Giorgia Meloni rappresenti il miglior esempio in fatto di prosecuzione del percorso avviato da Pinuccio»: Ignazio La Russa non ha esitazioni nel descrivere il più volte deputato ed europarlamentare pugliese, passato alla storia come “ministro dell’Armonia” del primo governo Berlusconi. Con Tatarella l’attuale presidente del Senato ha condiviso la militanza nel Movimento sociale italiano e poi, dopo la svolta di Fiuggi, in Alleanza nazionale. Non a caso sarà proprio La Russa a concludere la cerimonia di commemorazione di Pinuccio, a 26 anni esatti dalla morte di quest’ultimo, in programma domattina alle 10.30 a Villa Romanazzi Carducci.

Presidente, Tatarella è considerato uno dei padri della destra di governo: qual è il suo lascito?

«La sua eredità politica è fatta di tante cose, a partire dalle tante iniziative che miravano alla realizzazione di una destra che potesse essere di governo, alternativa alla sinistra. Un cammino fatto con realismo e concretezza, ma con una stella polare che è sempre stata quella che oggi tutti noi possiamo indicare e rivendicare. È anche per questo che possiamo parlare di Tatarella come di un vero e proprio precursore, capace di vedere una strada nuova prima e meglio di chiunque altro. È grazie a tutto ciò che fu possibile realizzare un percorso che lo vide protagonista assoluto nella costruzione di un partito che sapesse e potesse competere con le forze politiche che in quel momento governavano, con l’ambizione di poterle battere e sostituire. Una profezia, è giusto chiamarla così, che oggi è avvenuta. C’è poi la straordinaria capacità di dialogo con gli altri, sia alleati che avversari. È stato, non dimentichiamolo, il “ministro dell’Armonia”».

Si può dire che la destra di governo sia nata in Puglia? E perché la regione è stata per anni un terreno tanto fertile per la destra?

«La Puglia fu il primo e insostituibile laboratorio politico per le idee e le strategie di Tatarella. Fu lui che ci insegnò a mettere da parte ogni tipo di nostalgia, ogni segno esteriore e non solo del passato, per creare una classe dirigente nuova. E proprio in funzione del lascito che Pinuccio ha saputo costruire e tramandare, mi piace sottolineare l’importanza del suo attaccamento al territorio e, di conseguenza, quanto fossero importanti per lui le riforme necessarie per dare governabilità e stabilità alle istituzioni, sia nazionali che regionali. Mi riferisco in particolare alla legge che porta il suo nome, il Tatarellum, che seguì l’approvazione della legge elettorale nazionale, il Mattarellum. Fino ad allora i cittadini spesso non sapevano neanche chi fosse a guidare la loro Regione, mentre da quel momento in poi è stato fatto un passaggio fondamentale verso un rapporto nuovo e diretto tra elettori ed eletti, tra istituzioni regionali e cittadini. Una riforma attualissima, figlia anche degli anni passati da Pinuccio nel Consiglio regionale della sua amata Puglia».

Nell’attuale scenario politico locale e nazionale c’è qualcuno che le ricordi Tatarella?

«I paragoni, soprattutto in politica, rischiano sempre di rivelarsi semplificazioni eccessive. Posso dire che siamo in tanti, non solo in Parlamento, a ispirarci quotidianamente ai suoi insegnamenti. Se invece pensiamo al percorso fatto dalla destra politica in questi anni, non c’è dubbio sul fatto che Giorgia Meloni, con la sua capacità di affermare valori, idee e priorità di un’intera comunità, ne rappresenti il miglior esempio in fatto di prosecuzione di un percorso tanto difficile quanto importante».

Lei è stato al fianco di Tatarella in tanti momenti, inclusa la svolta di Fiuggi che portò alla nascita di Alleanza nazionale: ci racconta qualche episodio?

«Di episodi ne potrei ricordare moltissimi. Mi piace ricordare, però, due semplici ma significativi aneddoti, che ne racchiudono l’attivismo e la visione. Era il 1987, elezioni politiche, si votava la domenica e il lunedì. Il martedì mattina, a urne ancora calde, Pinuccio arrivò a Milano. Era venuto per andare a trovare due neo-deputati, eletti uno in Piemonte e uno in Lombardia, per coinvolgerli nel progetto che avrebbe poi portato Gianfranco Fini alla guida del partito: una scelta della quale non si era ancora parlato, ma che lui aveva già ben scolpita in mente per traghettare la destra fuori dall’ostracismo dell’arco costituzionale. Già in quel momento, nel quale chiunque altro avrebbe pensato solo all’esito delle elezioni, Pinuccio era concentrato sul futuro congresso del partito. Un visionario, al servizio della costruzione della nuova destra di governo».

E poi?

«Secondo episodio, elezioni politiche del 1994. Era il giorno dopo la risicata vittoria del centrodestra. Prima di tutti gli altri Pinuccio intuì la difficoltà di fare un governo con dentro noi e la Lega, con la quale non eravamo formalmente alleati. C’erano state due distinte coalizioni, una per il Nord e l’altra, senza la Lega, per il Centro-Sud. Lui, a caldo, mi chiese di poter parlare con Roberto Maroni, numero due del partito guidato da Umberto Bossi e mio interlocutore su Milano. Scoprimmo subito dopo che, grazie ai suoi tempestivi colloqui con Maroni, fu possibile far nascere il primo governo Berlusconi, nel quale Pinuccio era vicepresidente del Consiglio e ministro delle Poste e Telecomunicazioni. Un visionario, al servizio della costruzione del centrodestra, prima verso il Polo e poi oltre il Polo».

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