Economia circolare, tecnologia sociale e sostenibilità ambientale in una prospettiva altamente vantaggiosa per tutti, un modus vivendi dove le azioni del singolo possono essere coerenti con i desideri. La condizione favorevole? Il “nudge”, la spinta gentile. Entriamo nello spazio sostenibilità con la professionista Irene Ivoi, barlettana d’origine e dal 1986 fiorentina di adozione. Designer, ricercatrice e comunicatrice sui temi “del buon vivere”, Irene si è laureata nel 1992 in Industrial design con una tesi in Economia circolare, diventando così, in Italia, un’antesignana d’eccezione della corrente di pensiero che guarda alla sostenibilità. La incontriamo nella libreria Liberrima di Bari per la presentazione del suo libro “La cerniera-La spinta gentile al servizio della sostenibilità” (Collana New Fabric-editore Pacini): presenti all’incontro, moderato dal geologo Alfredo De Giovanni, l’assessora comunale barese Elda Perlino e Isabella Pisano del Centro di eccellenza di Ateneo per la sostenibilità.
La curiosità è tanta sulla parola da lei pronunciata e auspicata: la gentilezza. Come le è venuta in mente, in che modo si lega al suo lavoro?
«L’idea di parlarne nel libro nasce dalla richiesta dell’editore Pacini, per collocare la spinta gentile nel perimetro della sostenibilità. Per me è stata l’occasione per leggermi dentro e decidere in che pezzo di mondo voglio vivere nei prossimi anni: una realtà più giusta e attenta a persone e pianeta. “Nudge” è questo: far compiere azioni senza imporle ma, al contrario, creando le condizioni adatte».
In che modo è possibile stimolare “gentilmente” i cittadini affinché rispettino le regole del vivere civile senza sentirsi obbligati a farlo?
«Conoscendo le scorciatoie e i bias, le distorsioni cognitive: queste consapevolezze ci consentono di poter risparmiare energie di fronte a ogni decisione da prendere e possono orientare i comportamenti in positivo».
Un esempio?
«Scegliere l’utilizzo di mezzi pubblici, biciclette o le nostre gambe invece dell’automobile. È l’uso della norma sociale, quella che, sapendo quanto consumiamo, ci permette di migliorarci».
Un altro esempio?
«Il pre-ingaggio, detto anche effetto gelo, quando ci viene chiesto di sottoscrivere un impegno: accresce le probabilità che quell’impegno si traduca in azione».
In che ambito si sbaglia con più facilità nel nostro microcosmo?
«Siamo imperfetti perché emotivamente condizionati e condizionabili. Penso alla gestione dei rifiuti, per esempio. Spesso non riflettiamo a dovere e conferiamo in modo erroneo i materiali da differenziare. Siamo pigri e indolenti verso le regole e la tentazione di abbandonare la spazzatura in modo incontrollato prevale. Stesso principio sul rapporto con l’acqua, con i consumi di energia e mobilità appunto».
Quale città è da imitare?
«In Italia non riesco a individuare un modello. Esperienze virtuose e di cui parlo nel libro le ho vissute a Valencia (sulla mobilità) e a Città del Capo, per come si è salvata dal rischio collasso idrico nel 2018».
Cosa può fare l’amministrazione comunale per attivare l’approccio “garbato”?
«Deve scegliere dei pubblici specifici su cui agire, i “target”, come li chiamano i pubblicitari. Individuare tra questi, euristiche e bias (le scorciatoie mentali) e ideare delle spinte, mai coercitive. Individuare degli “ambassador” capaci di contagiare quel pubblico. Indagare con domande e immaginare soluzioni collaborative».
In concreto?
«Di recente ho ideato, per i proprietari di case in affitto per soggiorni brevi, delle soluzioni capaci di mettere in moto migliori comportamenti di gestione rifiuti. Ho scoperto che quegli host non mettevano a disposizione, per i loro ospiti, contenitori adeguati per la raccolta differenziata».
Il suo sogno nel cassetto?
«Usare il “nudge” anche per l’emergenza sociale. Per il nostro rapporto con i libri e la povertà culturale. C’è sempre il rischio di non riconoscere le fake news, in una società dove tanti giovani passano troppo tempo davanti ad uno screen pensando che la conoscenza passi dai social».