Intelligenza artificiale e giornalismo, Michele Partipilo: «I vantaggi sono evidentima i pericoli molto subdoli»

Michele Partipilo, classe 1961, barese e una vita dedicata al giornalismo. Mille le esperienze e gli incarichi rilevanti, come, per citarne alcuni, quello di Presidente dell’Ordine regionale o quello di direttore della Gazzetta del Mezzogiorno o ancora l’elezione nel consiglio nazionale dell’Ordine. Un lavoro, una missione che hanno sempre avuto all’apice solo la verità e l’autenticità della notizia e il rispetto del lettore.

Si è laureato in Filosofia la stessa che guarda alla realtà a tutto tondo, sarà forse anche da qui che parte la sua voglia di raccontare tutto con spirito critico?

«La passione per il giornalismo è nata su di un binario parallelo a quello della filosofia. Nella necessità e nello sforzo di dare un senso profondo alla professione, mi son tornati utili i miei studi giovanili; hanno dato un fondamento etico, spirituale al lavoro. E questa ricerca del “senso” vale in qualsiasi ambito professionale».

Restiamo nel mondo del giornalismo: come è mutato nel tempo?

«E’ cambiato il vestito ma non il contenuto».

Vale a dire?

«Oggi come ai tempi di Indro Montanelli l’obiettivo è quello di informare l’opinione pubblica. Montanelli diceva che “il lettore è il nostro lettore”; noi lavoriamo “per gli altri” con uno sforzo che combacia con la partecipazione, quel sentimento che ti porta a soffrire e a emozionarti per le altrui vicende. E’ indispensabile un feeling con il pubblico. Ecco, questo aspetto non è cambiato ma gli strumenti si. E’ diverso anche il peso sociale della professione, il prestigio».

Vede quindi un cambio in negativo, una decadenza?

Le dico solo che, nella classifica della “credibilità” professionale, al penultimo posto ci siamo noi giornalisti mentre al primo ci sono i parrucchieri»

E all’ultimo posto? Per curiosità.

«I politici».

Ed è in questo quadro della società così destabilizzata, che è nato “Manuale di deontologia del giornalista”, il suo nono lavoro di penna?

«E’ una società che crea la sua verità, siamo nell’era di Internet e il rischio è che prevalgano le opinioni a scapito dei fatti ed è ciò che avviene molto spesso nei talk show per esempio. E’ un errore unire il diritto di critica a quello dell’informazione. Son due cose diverse; l’oggettività prima di tutto. Il giornalista ricopre un ruolo fondamentale: ha la responsabilità di ricercare la vera verità e di divulgarla, sempre con regole e sensibilità».

Siamo entrati quindi a gamba tesa nel suo libro dove si affronta anche l’attualissimo tema dell’intelligenza artificiale. La domanda è immediata: che ruolo ha il giornalista in questa trasformazione, o meglio dire, in questa transizione epocale?

«Intanto non si è accorto per tempo che le nostre vite sono già da parecchio circondate da strumenti di intelligenza artificiale, e mi viene subito in mente il navigatore delle macchine, uno strumento utile, anche se talvolta commette errori. L’argomento dell’intelligenza artificiale viene affrontato davvero solo ora, da quando è apparsa la “chat-Gpt” ma è già tardi».

Riconosce quindi al giornalista la responsabilità di indirizzare l’opinione pubblica verso questa realtà, nel bene e nel male?

«I vantaggi sono evidenti e sorprendenti, i pericoli molti e subdoli. Serve piena consapevolezza del fenomeno, a partire da chi informa. Anche la Chiesa si sta mostrando al passo con i tempi. Proprio a gennaio Papa Francesco ha posto l’accento sulla messa in guardia dall’Intelligenza artificiale. Il risvolto positivo o devastante a riguardo dipenderà solo dalla “nostra attenzione o al contrario pigrizia”. Premesso che solo la mente umana è capace di “critica”, il fenomeno non va quindi né esaltato, né demonizzato ma studiato; un vero messaggio per i giornalisti».

E parlando di giornalismo lei, vista l’esperienza, è un vero maestro. Dal 1986 al 2023 ha lavorato per la Gazzetta e ne è stato anche il direttore. Ha altre passioni oltre al giornale?

«La lavorazione del legno; un materiale vivo e che aiuta a capire le persone».

Cioè?

«Quando mi trovo davanti ad un legno duro, difficile da forgiare penso a persone non semplici e apparentemente ostili. Sono le stesse che poi, se conosciute e trattate al meglio, riescono a dare tanto. E comunque ci tengo a ricordare con orgoglio che, al tempo del mio matrimonio, ho realizzato con le mie mani la camera da letto».

Passando dall’artigianato ai sogni, ci dice quali sono i suoi?

«Spero di riuscire a trasmettere ai giovani la voglia di non arrendersi mai, di invogliarli a ragionare con la propria testa, sempre».

Qualche hobby, qualche passatempo?

«Il Lecce».

Il calcio?

«Si, è una squadra a prova di serietà, impegno e volontà».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version