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I motivi per cui il Comune di Bari non è stato sciolto, il prefetto: «Non c’è mafia». Tutoraggio per le partecipate

A Bari non ci sarebbero «collegamenti diretti e indiretti» con la criminalità organizzata che avrebbero potuto portare allo scioglimento del Consiglio comunale del capoluogo pugliese per infiltrazioni mafiose.

È quanto scritto nella relazione del Prefetto di Bari, Francesco Russo, in cui sono spiegati i motivi per cui il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha deciso di non sciogliere il Consiglio comunale di Bari al termine delle verifiche partite a seguito degli oltre 130 arresti avvenuti nel febbraio 2024 nell’ambito dell’inchiesta Codice interno per voto di scambio politico-mafioso.

Nel documento notificato dal prefetto al sindaco di Bari, Vito Leccese, martedì scorso, stando a quanto si apprende, c’è anche un elenco di sei punti sui quali l’ufficio territoriale di governo dovrà esercitare una «rigorosa azione di controllo» e il Comune dovrà redigere «appositi report trimestrali».

Per quanto riguarda le aziende partecipate, nell’Amiu sono emersi elementi di «agevolazione occasionale» della criminalità organizzata, collegati alla presenza tra i dipendenti di alcuni esponenti dei clan cittadini. Pertanto verrà disposta la «prevenzione collaborativa» per 12 mesi: una terna di esperti garantirà il «tutoraggio» dell’Amiu, mentre il gruppo interforze antimafia verificherà tutte le operazioni, gli incarichi professionali e gli atti di gestione.

L’ispezione nella Multiservizi, invece, ha dato atto che il presidente Francesco Biga, insieme al Comune, ha già «ripulito» l’azienda dalle presenze controindicate: verrà quindi applicata una misura di «tutoraggio» per completare il lavoro.

Per quanto riguarda la polizia municipale, è annunciata la sospensione dal servizio per tre mesi di una vigilessa che a marzo 2017 evitò di sequestrare l’auto guidata da uno spacciatore 16enne collegato a un trafficante di droga. Altri 11 agenti rischiano di perdere la qualifica di pubblica sicurezza, decisione che comporterà la restituzione dell’arma di servizio.

Il prefetto ha infine apprezzato il sistema dei controlli anti-infiltrazioni mafiose adottato dal sindaco Leccese lo scorso settembre con la creazione della ripartizione “Controlli, legalità, trasparenza e antimafia sociale“.

«Adottare puntuali misure per assicurare il rispetto dei principi di legalità e buon andamento»

Nel documento notificato al sindaco Leccese, si legge che il ministero dell’Interno ha individuato «puntuali misure» che il Comune di Bari «dovrà adottare, al fine di assicurare il rispetto dei principi di legalità e buon andamento».

Il ministero ha stabilito che non ci sono «le condizioni per l’emissione del provvedimento dissolutorio», ovvero per lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni della criminalità, ma «ha condiviso la presenza di situazioni, anche ripetute, di irregolarità che hanno determinato disfunzioni nell’attività amministrativa». Anche per questo il Comune di Bari dovrà «adeguare gli strumenti regolamentari, con particolare riferimento alle disposizioni concernenti le procedure assunzionali; riorganizzare il sistema dei controlli interni, al fine di assicurare il rispetto dei principi di legalità, trasparenza ed efficienza dell’azione amministrativa; adottare specifici atti di indirizzo e controllo delle procedure di affidamento di lavori, forniture e servizi pubblici».

Inoltre il Comune dovrà «predisporre linee guida finalizzate ad assicurare forme di controllo e miglioramenti organizzativi nella gestione del personale, segnatamente quello in servizio presso la polizia locale; ed esercitare, attese le riscontrate criticità riguardanti le società in house, adeguati controlli con particolare riferimento alle procedure assunzionali». La prefettura ribadisce infine «la disponibilità più volte manifestata” alla “sottoscrizione di atti pattizi, ivi compresa la stipula di Protocolli di Legalità».

Rando (Pd): «Chiusa una pagina vergognosa»

«La relazione del Viminale fa chiarezza in modo definitivo sull’assenza di infiltrazioni mafiose nel Comune di Bari. Una vicenda incredibile, portata alla luce dalla destra alla vigilia delle elezioni amministrative nella città pugliese con il chiaro intento di utilizzarla per screditare il lavoro della giunta Decaro». Lo dichiara la senatrice Enza Rando, responsabile per il contrasto alle mafie nella segreteria del Pd.

«I comuni non si sciolgono per opportunità o per colore politico ma se ricorrono i presupposti di legge», sottolinea, ricordando che «Antonio Decaro si è distinto per la lotta contro le mafie accompagnando anche alcuni imprenditori e cittadini a denunciare la criminalità organizzata. Fatti per cui è stato anche minacciato dalle cosche. Un sindaco che non piaceva sicuramente alle mafie, perché ha tenuto lontano la criminalità dall’ente comunale».

Per Rando, dunque, «con il documento reso noto stamane si chiude una pagina vergognosa per il livello a cui è stato portato lo scontro politico».

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