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Ruvo, a Mokambo i “3 Coni Gambero Rosso”: «Il nostro gelato? Frutto di cura e amore» – L’INTERVISTA

«Il nostro gelato è quello che, una volta, si mangiava la domenica a casa della nonna». Con queste parole Giuliana Paparella, titolare di Mokambo Gelateria a Ruvo di Puglia e fresca vincitrice del premio “3 Coni Gambero Rosso”, descrive il prodotto che l’ha portata a conquistare uno dei riconoscimenti più prestigiosi nel panorama gastronomico, consegnatole…
giuliana paparella mokambo

«Il nostro gelato è quello che, una volta, si mangiava la domenica a casa della nonna». Con queste parole Giuliana Paparella, titolare di Mokambo Gelateria a Ruvo di Puglia e fresca vincitrice del premio “3 Coni Gambero Rosso”, descrive il prodotto che l’ha portata a conquistare uno dei riconoscimenti più prestigiosi nel panorama gastronomico, consegnatole lo scorso lunedì a Rimini, durante il SIGEP. Varcare la porta di Mokambo è un salto a piè pari in un ricordo: gli odori, i profumi, riportano a qualcosa di perduto. E allora è Zio Franco (Franco Paparella ndr), che nel piccolo laboratorio si diverte a fare lo stregone, riportando in vita una ricetta che appartiene alla famiglia Paparella da 4 generazioni. A parlarci di questo gioiellino alle porte dell’Alta Murgia è proprio sua nipote Giuliana.

Cosa rappresenta per Lei questo premio?

«È un punto di partenza, come il riconoscimento di un percorso. Nove anni fa, dopo un’assenza di circa 18 anni, abbiamo riaperto l’attività di famiglia, dedicandoci principalmente al gelato. Questo premio è il coronamento del nostro lavoro, che si distingue per una metodologia di produzione meticolosa, con rispetto delle materie prime. Prepariamo il gelato come si faceva una volta, il tradizionale gelato italiano, con pochi ingredienti di qualità: latte di mungitura, uova, zucchero e frutta secca. Vederci riconosciuti su una guida prestigiosa come “Gambero Rosso” significa che abbiamo lavorato bene e che stiamo raccogliendo i frutti di questo impegno».

Qual è stato il percorso che vi ha portato fin qui?

«Siamo gelatai da 4 generazioni, è la storia di famiglia la chiave di volta, il propulsore di tutto quello che facciamo. Collaboriamo direttamente con le aziende agricole che ci forniscono pistacchi, mandorle, nocciole e fave di cacao, provenienti da quattro continenti. Anche il latte e le uova provengono da allevamenti selezionati. Ogni ingrediente è scelto con grande cura per garantire la massima qualità e freschezza».

Che lavoro c’è dietro la gestione delle materie prime?

«Faticosissimo. Le materie prime sono selezionate con molta attenzione, e non è solo un modo di dire, ma una pratica concreta. Ad esempio, per il latte utilizziamo solo quello di un’azienda agricola del Parco dell’Alta Murgia, evitando il latte in polvere che si trova comunemente nei prodotti industriali. Le uova sono di provenienza controllata, da galline allevate a terra e libere di razzolare. Queste scelte, pur comportando un costo maggiore, sono essenziali per offrire un gelato naturale e di livello».

Faccio l’avvocato del diavolo: alcuni dicono che il vostro gelato sia un po’ caro. Cosa risponde?

«Che i prodotti di qualità non sempre sono accessibili a tutti. Il prezzo del nostro cono (quello base 5 euro ndr) è proporzionato alla spesa per la materia prima e la lavorazione. E oggi più che mai credo sia fondamentale prestare attenzione a ciò che introduciamo nel nostro corpo».

Si parla tanto di gelato artigianale, ma come distinguiamo un prodotto che realmente merita questo appellativo?

«Un consumatore consapevole può chiedere il libro degli ingredienti per verificare la qualità del gelato. Se leggi ingredienti come latte in polvere o altri additivi, è evidente che non si tratta di un prodotto naturale. Il nostro gelato è frutto di cura: richiede tempo e attenzione».

Cosa offrite ai vostri clienti in questo periodo?

«I nostri gusti classici: la crema del re (una crema bianca alla vaniglia preparata con sei varietà di bacche di vaniglia), il torrone croccante di mandorle, il pistacchio di Bronte DOP, la nocciola del Piemonte IGP, la gianduia (un cioccolato al latte senza latte in polvere, ma con nocciola e fave di cacao), il cioccolato 100% (un cioccolato integrale ricavato da 36 varietà di fave di cacao), il tartufo al cioccolato alcolico e il caffè superior (un caffè intenso dell’80% arabica proveniente dal Guatemala)».

Siete diventati virali sui social per il vostro “Scettro del Re”, un cono da 70 euro. Mi dica la verità, è solo una trovata di marketing?

«No, affatto. Quello che rende speciale lo “Scettro” è lo zafferano iraniano del Mashhad, che è l’ingrediente principale. L’idea è venuta sfogliando un ricettario di famiglia di oltre 120 anni, che conteneva una crema allo zafferano. L’abbiamo modernizzata e resa più scenografica, mettendola su un cono e decorandola con una fiamma di zucchero. Il costo elevato dipende dalla qualità dello zafferano, non da un’esagerata ricerca estetica. E poi dietro il costo c’è l’esperienza: i clienti si immergono con noi nell’ultima fase di lavorazione del gelato. La foglia d’oro, che può sembrare l’elemento più appariscente, in realtà non influisce sul gusto, vuole essere un omaggio al risotto allo zafferano di Gualtiero Marchesi».

C’è una leggenda metropolitana secondo cui entrare nella vostra gelateria non è impresa facile, c’è sempre fila…

«Non sapevo fosse diventata una leggenda (ride ndr). Ci teniamo a offrire un servizio di un certo tipo, dedicandoci con attenzione al cliente. Il nostro laboratorio è piccolo e non vogliamo che l’affluenza eccessiva crei confusione. Ogni cliente è per noi importante e merita attenzione. Il gelato non è solo un prodotto, è un momento di piacere e convivialità, e va vissuto con calma. Se qualcuno ha fretta, lo invitiamo a tornare in un momento più tranquillo per godersi appieno l’esperienza».

In un’intervista a “Vice”, avete detto che il vostro è “un gelato da stronzi”. Cosa intendevate?

«Abbiamo usato questa espressione con un po’ di ironia. Solo degli “stronzi” come noi, che dedicano tanto tempo e impegno alla preparazione di un gelato artigianale, possono fare tutto questo “teatro” per un prodotto che potrebbe essere fatto in modo più veloce e standardizzato. Oggi, grazie all’industria, il gelato si può preparare in modo molto più rapido e con minori costi. Ma noi crediamo che la lentezza, la cura e la qualità siano fondamentali per un prodotto che non sia facile da dimenticare».

Come pensa di alzare ancora l’asticella in futuro?

«L’obiettivo è continuare a fare ciò che sappiamo fare bene, mantenendo alta la qualità e l’attenzione ai dettagli. Vogliamo aggiungere nuove proposte, nuove edizioni limitate di gusti particolari, senza mai compromettere la qualità del prodotto. La sfida è mantenere l’eccellenza nonostante l’aumento dei carichi di lavoro. Il segreto è non smettere mai di migliorarsi».

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