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Bari Cronaca

Femminicidio a Mariotto, il marito imputato: «Il diavolo mi ha fatto trovare le forbici»

«Sono stato io. Mi sono sentito come un cane abbandonato». Vincenzo Visaggi ha ammesso anche davanti ai giudici della Corte d’Assise di Bari l’omicidio della moglie, Lucia Chiapparino, avvenuto il 18 aprile scorso. L’uomo, accusato di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà, è stato ascoltato dopo la deposizione di due dei suoi tre figli, cui è seguita la richiesta del suo legale, Francesco Antonio Bonasia, di sottoporre l’assistito a perizia psichiatrica.

Una richiesta nei confronti della quale la pm Angela Morea, che coordinò le indagini sull’omicidio, si è mostrata contraria in quanto non supportata da una valutazione pregressa. E da qui l’invito a deporre rivolto all’imputato dal presidente del collegio giudicante, Sergio Di Paola, per decidere con maggiore serenità riguardo alla richiesta presentata dalla difesa. Una deposizione durata circa 60 minuti al termine della quale il presidente si è riservato di decidere, durante la seconda udienza del processo fissata per il 16 dicembre.

Il racconto dell’imputato

Visaggi ha spiegato alla pm e ai giudici, alternando momenti di pianto a confusione e a una lucida ricostruzione dell’omicidio, che era rimasto solo a casa a ridosso della Pasqua a causa di litigi con la moglie per questioni di eredità da lasciare ai figli. Proprio la solitudine l’aveva spinto a chiedere ai frati di Santa Fara di vivere con loro.

«Mi volevo confessare e dire che non volevo stare più in famiglia. Avrei dato a loro la mia pensione. Ma trovai la chiesa chiusa e tornai a casa», ha raccontato l’uomo che quello stesso giorno tentò poi di parlare al telefono con i figli, ma a dire dell’imputato, si mostrarono sbrigativi con lui. Alla figlia, in particolare, durante la telefonata avrebbe detto: «Mi voglio uccidere, mi sento abbandonato». Circostanza che la donna non ha però riferito ai giudici durante la sua deposizione soffermandosi, piuttosto, su palesi difficoltà del padre più volte in stato confusionale. Quindi, il giorno dell’omicidio, la moglie di Visaggi tornò a casa e lui aggredì dandole un pugno.

Lei si rifugiò in bagno, lui la raggiunse e, trovando sul lavandino un paio di forbici da parrucchiere, attività che Visaggi aveva svolto da giovane, cominciò a colpire la moglie per ben 47 volte, come accertato dall’autopsia. Quindi, resosi conto di averla uccisa tentò di usare quelle stesse forbici per suicidarsi aspettando la morte sul letto nuziale sperando di morire dissanguato. Prima, però, chiamò i carabinieri ai quali confessò il delitto.

Durante la ricostruzione dell’omicidio Visaggi ha sostenuto che quel giorno il suo «cervello si era bloccato» aggiungendo in lacrime «ho bruciato tutto», riferendosi ai rapporti con i familiari. «Mi sono perduto, mi vergogno per quello che ho fatto. La testa mi ha abbandonato – ha proseguito l’uomo – sul lavandino del bagno c’erano le forbici da parrucchiere di solito altrove: non so, il diavolo me le ha fatte trovare».

L’accusa

La pm ha poi chiesto all’uomo se fosse bravo a usare il telefono cellulare e se fosse sua abitudine postare frasi sui social ricordandogli il contenuto di un post pubblicato su Facebook 24 ore prima l’omicidio: «Le persone e le scarpe vanno trattate allo stesso modo: quando fanno male te ne devi liberare». Una frase che l’uomo ha ricordato, ma ha escluso fosse diretta alla moglie, bensì a un amico con il quale aveva litigato.

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