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Epilessia da cella, ora gli arrestati di Codice interno si danno malati per ottenere i domiciliari

Epilettici o depressi, dipende. Patologie gravi, senza alcun dubbio, ma che sorprendentemente colpiscono una buona fetta dei pregiudicati arrestati con il blitz Codice Interno del 26 febbraio scorso, e da allora detenuti. Fino ai giorni scorsi. Le consulenze Numerose, continue, le istanze di attenuazione della misura, convertendola negli arresti domiciliari, presentate ai pm della Direzione…

Epilettici o depressi, dipende. Patologie gravi, senza alcun dubbio, ma che sorprendentemente colpiscono una buona fetta dei pregiudicati arrestati con il blitz Codice Interno del 26 febbraio scorso, e da allora detenuti. Fino ai giorni scorsi.

Le consulenze

Numerose, continue, le istanze di attenuazione della misura, convertendola negli arresti domiciliari, presentate ai pm della Direzione distrettuale antimafia di Bari dagli avvocati dei detenuti, per la maggior parte appartenenti ai clan Parisi – Palermiti del quartiere Japigia. A supporto delle richieste, alcuna delle quali già accolta, consulenze che attestano il difficile stato di salute del detenuto in oggetto. Si tratta di consulenze di parte, firmate da noti psichiatri baresi, che certificano patologie in precedenza mai diagnosticate: epilessia e depressione, appunto.

I dubbi degli inquirenti

Su molte di queste istanze, arrivate nelle ultime settimane sui tavoli della Dda, i pm hanno espresso parere negativo, ritenendo che le patologie dichiarate non fossero reali, ma semplici tentativi di lasciare la cella. I nomi di chi ne ha fatto richiesta sono tra i più noti agli investigatori, da Michele Calzolaio a Cosimo Fortunato, Michele Manzari, Ignazio Froio, Cosma Damiano Lepore, ed altri.

Il precedente

Proprio Cosimo Fortunato, luogotenente del boss Savino Parisi ad esempio, non è nuovo a richieste di questo tipo: a febbraio 2013 (era stato arrestato nel novembre 2012, insieme ad altre tre persone, con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni di un imprenditore titolare di una società di gestione di flussi logistici di Roma con sede a Bari), aveva lamentato crisi epilettiche e rifiutato il ricovero presso il centro clinico del carcere, ottenendo il ricovero nella Clinica neurologica del Policlinico. Ma i finanzieri del Gico, coordinati dalla pm Lidia Giorgio (succedendo alla collega Desirèe Digeronimo), grazie alle telecamer avevano documentato che avrebbe «dissimulato le crisi epilettiche nonché le conseguenze delle stesse (ecchimosi ed escoriazioni al volto e al corpo) giungendo anche a vantarsi con i co-detenuti della sua attività simulatoria».

Il caso Palermiti

A giugno scorso, ci aveva provato Gianni Palermiti, figlio del capo Eugenio e a sua volta padre di Eugenio junior, rampollo del clan. La storia clinica di Gianni Palermiti, in carcere dal 2022 per l’agguato ai fratelli Walter e Alessandro Rafaschieri, è costellata di malori improvvisi, chiamate d’emergenza al medico di turno, terapie e richieste di scarcerazione. Fogli e fogli, appunti vergati a mano che costituiscono la sua cartella clinica e narrano la storia dei primi due anni dietro le sbarre. Pochi giorni dopo l’arresto, manifesta i suoi primi sintomi, che si alterneranno nei mesi a seguire con cadenza settimanale. Si va dalla nausea al mal di denti, dagli svenimenti improvvisi, alle macchie di sangue sulla maglietta, che i medici riconducono ad un taglio in bocca ma che lui accusa come crisi epilettiche. Ancora, la perdita di alcune funzioni fisiologiche, fino a quell’intervento alla colonna vertebrale che, spiega, sarebbe stato eseguito nel 2020 circa, ma che non gli avrebbe impedito, nel 2021, di impennare una grossa moto.

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