«Non ci arrenderemo mai davanti a questi atti di stupidità e siamo al lavoro per ripristinare l’immobile. Certo con un po’ di amarezza, ma andiamo avanti». Non ha esitazioni il sindaco Antonio Decaro, che domenica sera era accorso in via Siponto, dove un incendio ha danneggiato l’interno della struttura nella nuova area pubblica.
Sindaco, cos’è accaduto di preciso?
«Lo stabiliranno le indagini che possono avvalersi delle immagini delle telecamere della zona. Gli agenti della polizia locale, che già domenica sera sono intervenuti sul posto, sono al lavoro»
Ha parlato di lavori incompleti perché l’azienda aveva già subito danneggiamenti.
«C’erano già state minacce, furti e atti vandalici in quel giardino, sulla stessa struttura e nella vicina pineta di San Luca. Tanto che l’azienda incaricata dei lavori era refrattaria a montare gli arredi proprio per paura dei danni. È ovvio che, trattandosi di un luogo non ancora frequentato, diventa facilmente bersaglio di vandali che purtroppo, non avendo alcuna cognizione del valore della cosa pubblica, non hanno alcun rispetto neanche per le piccole cose del quartiere».
Vandalismo, stupidità o criminalità?
«Questo non lo sappiamo per certo. Dalle prime notizie si pensa che siano stati dei ragazzi senza un’apparente motivazione, ma aspettiamo a dirlo. In ogni caso ciò che è accaduto merita tutta la nostra condanna e lascia inevitabilmente l’amaro in bocca».
Quali sono le difficoltà di dare spazi di bellezza ai residenti?
«Oltre alle difficoltà che spesso comportano i lavori di realizzazione di un’opera, e anche in questo caso ce ne sono state, ci sono le normali difficoltà di gestione delle aree pubbliche e delle strutture che vi insistono».
Non sono cause perse, allora.
«I baresi nella stragrande maggioranza dei casi amano la loro città e si prendono cura dei luoghi che frequentano. Negli ultimi anni c’è stato un grosso investimento sociale sulla cultura dei luoghi pubblici, ed episodi come questo non devono farci pensare che ci possano essere delle cause perse, perché così non è. Noi non ci arrenderemo mai davanti a questi atti di stupidità e già in queste ore siamo al lavoro per ripristinare l’immobile. Certo con un po’ di amarezza, ma andiamo avanti».
Come hanno reagito all’incendio i residenti?
«Domenica sera, quando sono arrivato sul posto, non c’era quasi nessuno, anche se con il passare delle ore diverse persone del quartiere si sono affacciate e hanno cominciato a fare qualche domanda. So che il giorno successivo anche i giornalisti che si sono recati nel giardino sono stati ben accolti dai residenti. Segno, questo, che c’è voglia di attirare l’attenzione su quel luogo e su quanto accaduto».
Come si può evitare che accada ancora?
«Non esiste una ricetta perfetta, né una soluzione univoca. Esiste un lavoro lento e costante che possiamo fare insieme a tutte le componenti sane della città: le scuole, le parrocchie, le associazioni. La risposta più bella a questo atto sarebbe ricevere richiesta da parte di associazioni o titolari di attività economiche per la gestione di quel luogo che, a mio parere, ha delle potenzialità enormi».
Prevenzione, in che forma?
«Questi episodi si prevengono soltanto riempiendo tutti gli spazi utili e favorendo la frequentazione dei luoghi. Dove ci sono energie sane e si organizzano iniziative i vandali, o chi per loro, trovano un muro difficile da sfondare. Io non ho mai creduto alle bacchette magiche né ai presidi militari. Sono i cittadini che fanno la differenza, con la loro attenzione, la loro capacità di accogliere un nuovo spazio nella loro quotidianità e di viverlo con rispetto».
Educazione piuttosto che interventi dall’alto?
«Non mi piace utilizzare il termine educazione rispetto ai comportamenti dei cittadini. Si presuppone una posizione di superiorità che non mi appartiene. Preferisco pensare ad un processo di condivisione di un obiettivo, che in questo caso può essere la cura dei luoghi e dei beni pubblici, e a lavorare insieme per raggiungerlo. Ripeto, per quella che è la mia esperienza, non esistono interventi dall’alto che siano risolutivi sul lungo periodo, soprattutto se facciamo riferimento ai fenomeni di vandalismo».
La sua idea di antimafia sociale?
«Un lavoro costante e diffuso che chiama in causa tante componenti della società. Nel quartiere Japigia ci abita tanta gente per bene che va rispettata e sostenuta, così come nel resto della città. Io credo che Bari abbia maturato gli anticorpi necessari per distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato. Questo certamente anche rispetto alle tante operazioni condotte da magistratura e forze dell’ordine sui clan del territorio. Ma l’azione repressiva non basta. Servono i cittadini, le istituzioni, le associazioni, le scuole, le parrocchie, serve una squadra che insieme faccia resistenza contro chi vuole continuare a sporcare il nome e la vita di questa città».










