Monopoli è sicuramente una bella città, come l’intera regione Puglia, dalle forti attrattive turistiche, culturali e ambientali, ma non sempre è in grado di offrire ai propri figli adeguate opportunità. Sempre più frequenti sono ancora oggi i casi di emigrazioni verso altre realtà europee, in grado di offrire maggiori spazi. È il caso della famiglia di Nicola Savarese e Tiziana Simone che da Monopoli si sono trasferiti in Germania, dove lavorano e si sono affermati con successo.
Abbiamo intervistato la signora Tiziana Simone e ci siamo fatti raccontare la loro storia.
Da chi è composta la vostra famiglia?
«La nostra famiglia è composta da 4 persone di cui 2 ragazzi di 12 e 18 anni e da 2 anni c’è anche la nostra cagnolina Kylie. In realtà è stata un po’ un’avventura. Mio marito in inverno aveva 3 mesi liberi a causa lavoro stagionale, quindi ha accettato un’offerta di lavoro qui a Mühldorf, dovevano essere solo 3 mesi, ma si è trovato così bene (anche economicamente), che ha deciso di prolungare la sua permanenza qui, e di conseguenza ci propose di andarlo a trovare durante le vacanze scolastiche. Così fu e tra una chiacchiera e l’altra ci propose di provare a fare un anno lì tutti insieme. Se l’esperienza non gli fosse piaciuta sarebbero tornati a casa. I bambini ne furono entusiasti, ma mettemmo come regola che l’avventura doveva durare 12 mesi, e poi avremmo deciso se rimanere o meno. Perché, comunque, fare un trasloco, lasciare casa e stravolgere tutto per pochi mesi non avrebbe avuto senso».
Come sono stati i primi mesi all’estero?
«I primi mesi sono stati un tripudio di emozioni, positive e negative. L’entusiasmo per la novità, ma anche la paura di non riuscire ad integrarsi, soprattutto per i bambini, anche e soprattutto a causa della lingua. Hanno avuto parecchi momenti di sconforto, ma io ho sempre cercato di fargli vedere il lato positivo, anche quando in realtà non c’era. Io sarei scappata via dopo un mese, ma a loro non l’ho mai detto».
I tuoi figli si sono integrati bene in Germania?
«Per il piccolo è stato forse un po’ più semplice, invece per il grande i primi 6 mesi sono stati duri, soprattutto a scuola, dove è stato anche vittima di bullismo. Ci tengo a precisare, non da tedeschi, ma da altri immigrati. Voleva giustamente tornare in Italia, e io con lui. Ma avevamo una regola e soprattutto gli abbiamo sempre insegnato che davanti alle difficoltà non si scappa, ma si affrontano, e così è stato. Si è fatto tanti amici, anche grazie al calcio, soprattutto grazie al calcio. Ha cambiato scuola perché aveva ottimi voti (quando siamo arrivati non parlava assolutamente tedesco). Qui il discorso scuola è completamente diverso dall’Italia. Quest’anno si diplomerà ed è un ragazzo davvero in gamba».
Che attività hai avviato?
«Dopo aver fatto in modo che i miei figli si i ambientassero bene e ho cominciato a pensare al lavoro Ed è così che è nata la pasticceria. Ormai siamo aperti da 4 anni e la gente ci vuole bene. All’inizio anche questa avventura sembrava una sfida impossibile, sempre a causa della lingua. Ma volere è potere. Me ne occupo completamente da sola perché mio marito lavora ancora nel ristorante dove ha cominciato, ma la soddisfazione è immensa».
Sei contenta della scelta fatta?
«Non so dirti se sono contenta della scelta fatta, ma posso dirti che stiamo bene e a livello economico non ci manca niente. Ma stare lontani da tutti è dura e a volte la nostalgia si fa sentire».
