Nell’ambito della magia la chiamano “prestidigitazione”. In questo ambito, invece, forse, sarebbe più appropriato parlare di “prestidigitanimazione”. Perché, al di là dei nomi e delle forme, in fondo il lavoro di un animatore di cinema è davvero molto simile a quello di un prestigiatore. Visto che entrambi usano effetti speciali per impreziosire il risultato finale del trucco da loro confezionato. Gianluca Fratellini – nativo di Modugno e ormai londinese di adozione (possibile seguire la sua pagina internet all’indirizzo www.cgluca.it) – è uno di questi maghi di oggi. Non porta il cilindro e non usa la bacchetta, ma il suo pc è in grado di fare lo stesso meraviglie. Da quando alla tenera età di quattordici anni si innamorò di questo mestiere, che oggi (dopo aver messo mano a lavori del calibro di “Happy Feet”, “Rio 2”, “La bella e la bestia”, “Planet 51”, ecc. ecc.) lo porta ad essere nel suo ambito lavorativo uno dei punti di riferimento in tutto il mondo. Sino ad affascinare niente di meno che Robert Zemeckis (si, proprio lui, il padre di “Ritorno al Futuro”, “Forrest Gump” e “Chi ha incastrato Roger Rabbit?”) per conto del quale sta lavorando nel remake di “Pinocchio”, che il noto regista ha diretto per la Disney e che, ultimato il lavoro di post-produzione, dovrebbe uscire nel prossimo autunno. Un sogno per Gianluca, che si sta confrontando peraltro con la sua fiaba preferita di quand’era piccolo.
Da Modugno a Robert Zemeckis. Guardando a ritroso lo avrebbe mai detto?
«No, non lo avrei mai immaginato. Pensi che sono cresciuto con i suoi film e ora mi ritrovo ad essere diretto da lui. Ma mi viene in mente proprio una frase di un suo famoso film, che dice: “la vita è come una scatola di cioccolatini…non sai mai quello che ti capita”. Una metafora della vita, che trovo quanto mai appropriata e che descrive quello che normalmente chiamiamo destino, caso, fatalità o coincidenza».
In cosa consiste esattamente il suo lavoro in “Pinocchio”?
«Il mio ruolo è quello di 3D Lead Animator (capo animatore 3D), dove oltre ad animare e a dare vita alle performances dei personaggi, pianifico, organizzo e seguo il lavoro di un team di animatori durante il progetto, dando suggerimenti e correzioni per far confluire al massimo nel prodotto le indicazioni del regista».
Il cinema e gli animatori: un connubio che sembra sempre più indispensabile. Ma quale è il futuro?
«Il cinema racconta storie. Il nostro lavoro è quello di immedesimarci nei personaggi e nelle trame, cercando di ricreare emozioni e movimenti attraverso l’utilizzo di un computer per rendere credibili i personaggi. Siamo degli “animattori”, ma siamo dietro la telecamera e dietro lo schermo e non usiamo sistemi di cattura di movimento automatico, bensì animiamo manualmente (anche se digitalmente) delle creature che non potrebbero essere replicate direttamente da un umano. Il metaverso per noi c’è sempre stato, il futuro porterà velocità e qualità visiva sempre più realistica, sperando che si riuscirà a mantenere sempre fresca e genuina quella magia che soltanto il cinema sa trasmettere».
Tanti lavori e tanti registi, ma c’è stato un lavoro che le è maggiormente piaciuto realizzare sinora?
«Non per falsa modestia, ma ho avuto davvero la fortuna di lavorare con registi incredibili su progetti molto interessanti, e quindi, pur volendo, non posso proprio scegliere. Ogni regista ha una sua visione e un suo stile personale, con idee che a volte sono complesse e rischiose ed a volte invece semplici e geniali. E quindi ho imparato qualcosa da ognuno di loro. Da Genndy Tartakovsky a Gabriele Mainetti; da Carlos Saldanha ad Andrew Stanton; da Joachim Rønning a Jon Favreau; da Tim Burton a John Stevenson; da James Gunn a Bill Condon; da Chris Wedge a Greg Mottola. Ma ce ne sarebbero ancora altri».
Un altro prodotto nostrano che, dunque, eccelle a livello internazionale. Trasformando una passione giovanile nel lavoro di una vita. Sino ad arrivare in quel futuro che probabilmente da bambino non avrebbe mai neanche lontanamente sognato di poter raggiungere. Anzi, “ritornando nel futuro”, con la sua “Delorean” a tastiera, con la quale ogni giorno compie i suoi viaggi nel tempo. Dalla piccola Modugno da cui partì per arrivare lì dove la sua fantasia e la sua improvvisazione lo conducono. Perché, parafrasando la famosa frase di Emmett “Doc” Brown, “dove va lui non c’è bisogno di strade”. Robert Zemeckis sarà d’accordo con noi.