Assolto a gennaio scorso dall’accusa di bancarotta preferenziale «perché il fatto non costituisce reato» e da quella di bancarotta fraudolenta «per non aver commesso il fatto» nell’ambito di un processo stralcio sul crac delle Ferrovie del Sud Est, ora per l’ex dirigente della Bnl, Silvestro Demurtas, si potrebbe tornare in aula.
La Procura di Bari ha infatti impugnato la sentenza di assoluzione.
Nell’inchiesta della Guardia di finanza si ipotizza che le condotte dei funzionari dell’istituto di credito (alcuni dei quali a dibattimento, Demurtas è stato giudicato in abbreviato) abbiano aggravato la situazione debitoria di Fse, attraverso la concessione di finanziamenti, il mantenimento di linee di credito in favore della società in dissesto e l’assenza di controlli sulla destinazione delle somme erogate.
Per il procuratore Roberto Rossi, che ha firmato l’appello, Demurtas avrebbe invece «assunto, consapevolmente, un ruolo determinante nella gestione del rapporto con il cliente, contribuendo a favorire il rientro preferenziale della banca a discapito degli altri creditori». E quindi, la sua condotta sarebbe stata «dolosamente orientata».
Allo stesso modo, si legge ancora nell’appello, «il rinnovo dei finanziamenti non “autoliquidanti”, senza alcuna valutazione effettiva del merito creditizio e, dunque, nella piena consapevolezza dello stato di decozione in cui versava la società», ha «definitivamente eroso la capacità finanziaria di Fse, conducendola al fallimento (evitato solo grazie all’accesso al concordato preventivo)». Per questo, per la Procura «è provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la responsabilità dell’imputato rispetto a entrambi i capi di imputazione a lui contestati».