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Codice interno, Giacomo Olivieri ai domiciliari in casa del fratello e senza la moglie

I pm baresi lo volevano ancora in cella di alta sicurezza a Lanciano. Il gup del Tribunale del capoluogo, però, l’ha pensata diversamente. E così Giacomo Olivieri, l’ex consigliere regionale arrestato a febbraio 2024 nell’ambito dell’inchiesta “Codice Interno” su presunte infiltrazioni dei clan nella vita politica cittadina, è da ieri ai domiciliari in casa del…

I pm baresi lo volevano ancora in cella di alta sicurezza a Lanciano. Il gup del Tribunale del capoluogo, però, l’ha pensata diversamente. E così Giacomo Olivieri, l’ex consigliere regionale arrestato a febbraio 2024 nell’ambito dell’inchiesta “Codice Interno” su presunte infiltrazioni dei clan nella vita politica cittadina, è da ieri ai domiciliari in casa del fratello a Parabita, in Salento. Con lui non c’è la moglie Maria Carmen “Mari” Lorusso, anch’ella coinvolta nell’inchiesta e tornata in libertà a ottobre scorso dopo otto mesi trascorsi ai domiciliari.

Il provvedimento

A disporre la scarcerazione è stato il gup Giuseppe De Salvatore che ha accolto l’istanza presentata da Gaetano e Luca Castellaneta, difensori di Olivieri che attualmente è a processo con altre 108 persone e per il quale la Procura ha già chiesto la condanna a dieci anni di carcere. La coppia di penalisti aveva prospettato al gup due soluzioni: arresti domiciliari a Bari con braccialetto elettronico o, in alternativa, in un luogo lontano da quello in cui sarebbero stati commessi i fatti contestati a Olivieri e cioè lontano dal capoluogo. Il tutto perché, a distanza di oltre 13 mesi dall’arresto dell’ex consigliere regionale, le esigenze cautelari risulterebbero attenuate. In altre parole, pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove non sarebbero “forti” come in passato. Di diverso avviso la Direzione distrettuale antimafia di Bari che, non a caso, si era espressa negativamente sull’istanza presentata dagli avvocati Castellaneta. Alla fine il gup ha optato per la seconda soluzione ipotizzata dai difensori. E così, adesso, Olivieri si trova in una casa in Salento messa a disposizione dal fratello con la possibilità di incontrare solo ed esclusivamente gli avvocati e i familiari conviventi, dunque non la moglie Mari che risulta residente in una diversa località.

I fatti

A Olivieri si contesta di aver raccolto voti da tre clan baresi per favorire l’elezione della moglie in Consiglio comunale in occasione del voto del 2019: una ricostruzione che lo stesso ex membro dell’aula di Via Gentile ha smentito nel corso delle cinque ore di deposizione sostenute davanti ai giudici il 12 febbraio scorso. In quella circostanza Olivieri ha chiarito come il suo obiettivo fosse non quello di procacciare voti alla moglie, ma quello di «scegliere candidati capaci di aiutare la lista “Di Rella sindaco” a raggiungere il quorum che andava da 5mila a 10mila preferenze» per entrare in Consiglio comunale. Sempre durante quella deposizione Olivieri ha descritto la strategia con cui i vertici del centrosinistra barese e pugliese avrebbero “azzoppato” gli avversari: infiltrarsi nelle primarie del centrodestra, far vincere Di Rella e fare in modo che fosse quest’ultimo – dunque non Fabio Romito o Filippo Melchiorre – a sfidare Antonio Decaro. Il piano, perfettamente riuscito, avrebbe dovuto garantire al centrosinistra una facile vittoria alle comunali baresi e un rafforzamento del consenso in vista delle successive regionali del 2020.

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