«La particolare pervicacia dimostrata, il disprezzo evidenziato durante le indagini per lo stato di degenza di Gaetano Bellomo, il linguaggio astioso e crudele utilizzato, la capacità di piegare tutto e tutti alle proprie spregevoli e bieche esigenze di profitto personale, la continua ricerca di forme di arricchimento illecito personale dimostrate anche nella vicenda della estorsione alla Banca Popolare di Bari». Per questo, per tutto questo, l’antimafia di Bari ritiene che l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri vada condannato, con la formula del rito abbreviato, a 10 anni di reclusione.
Il processo
La richiesta è arrivata nella lunga requisitoria davanti al gup di Bari Giuseppe De Salvatore, per il processo in abbreviato che vede 108 persone imputate al termine della maxinchiesta “Codice Interno”, che ha svelato gli intrecci tra politica, imprenditoria e mafia, conclusasi il 26 febbraio 2024 con 131 arresti. La stessa inchiesta ha indotto il Viminale a nominare una commissione d’accesso per valutare i presunti rischi di infiltrazione mafiosa nell’Amministrazione comunale.
Il ruolo di Olivieri
Olivieri, in carcere per scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione (nei confronti degli ex vertici della Banca popolare di Bari, ora Banca del Mezzogiorno), avrebbe avuto un ruolo «di primo piano« nel reperire voti mafiosi in tre diversi clan della città, in favore di sua moglie Maria Carmen Lorusso, poi effettivamente eletta consigliera comunale a Bari. La donna è invece a processo con il rito ordinario, assieme a suo padre, l’oncologo Vito Lorusso, in carcere per un’altra vicenda legata alla sua attività professionale. Per lui, dopo averlo descritto ampiamente, i pm della Direzione distrettuale antimafia di Bari, Fabio Buquicchio e Marco D’Agostino, hanno chiesto la condanna a 10 anni.
Le altre richieste
Pesanti le condanne chieste dalla Dda di Bari anche per gli altri 107 imputati che hanno scelto il rito abbreviato assieme all’ex consigliere della Regione Puglia Giacomo Olivieri. L’accusa ha chiesto la condanna a 20 anni per i capoclan baresi Savino Parisi ed Eugenio Palermiti, e per altri imputati, considerati organizzatori dell’associazione mafiosa Parisi-Palermiti. Si tratta di Michele Parisi (fratello del capoclan), di Giovanni Palermiti (figlio di Eugenio), Filippo Mineccia (con Giovanni Palermiti condannato in Appello per un omicidio di mafia del 2018), Cosimo Fortunato, Michele Calzolaio, Raffaele Addante e Francesco Triggiani. Per Tommaso Parisi, figlio di Savino (Tommaso è un cantante neomelodico conosciuto come ‘Tommy Parisi’) la condanna chieste è di 16 anni e 4 mesi. Pene dai 2 ai 20 anni sono invece stato chieste per 66 imputati considerati partecipi dell’associazione.
Le assunzioni Amtab
La condanna a 14 anni di reclusione è stata chiesta per Tommaso Lovreglio, nipote e braccio destro del boss Savino Parisi ed ex dipendente Amtab (la municipalizzata dei trasporti sottoposta ad amministrazione giudiziaria proprio per la presenza di diversi dipendenti legati ai clan), e a 12 anni per Michele De Tullio, altro ex dipendente dell’azienda che, insieme a Lovreglio, si sarebbe attivato per raccogliere i voti del clan per Maria Carmen Lorusso, moglie di Olivieri ed eletta nel 2019 al Consiglio comunale di Bari.
I collettori di voti
Con lei si candidò in ticket anche Michele Nacci, poi risultato primo dei non eletti, per il quale è stata chiesta la condanna a 8 anni. Nacci, per l’accusa, avrebbe raccolto i voti nel clan Montani del San Paolo: la Dda ha chiesto la condanna a 7 anni e 4 mesi per Bruna Montani (suocera di Nacci) e la condanna a 10 anni per Leonardo e Bruno Montani. Per Gaetano Strisciuglio, che avrebbe aiutato Olivieri a raccogliere voti nell’omonimo clan, è invece stata chiesta la condanna a 4 anni, in considerazione della confessione resa sulla richiesta che Olivieri gli avrebbe fatto di reperire voti nel clan.