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Clochard aggredito a Bari, la preoccupazione di In.Con.tra: «Sempre più gente vive in strada»

«Il numero di persone che vivono per strada a Bari, per difficoltà economiche, abbandono e solitudine, è crescente. Non distinguo mai per etnie, ma ci sono anche molti extracomunitari in attesa di documenti di soggiorno. Denunce su episodi così gravi di recente, fortunatamente, non ce ne sono state però rileviamo molestie e sfottò da parte…
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«Il numero di persone che vivono per strada a Bari, per difficoltà economiche, abbandono e solitudine, è crescente. Non distinguo mai per etnie, ma ci sono anche molti extracomunitari in attesa di documenti di soggiorno. Denunce su episodi così gravi di recente, fortunatamente, non ce ne sono state però rileviamo molestie e sfottò da parte di passanti o ragazzini che considero alla stregua di molestie e aggressioni, tese solo a provocare una reazione, e che oggettivamente creano un clima di paura e terrore». È quanto afferma Michele Tataranni, presidente dell’associazione In.Con.tra. di Bari e volontario delle unità di strada che da diversi anni si occupa dell’assistenza ai senza fissa dimora e alle famiglie indigenti del capoluogo pugliese.

Taratanni fa riferimento al grave episodio di violenza gratuita verificatosi nella notte tra il 16 e il 17 dicembre scorsi nei giardini della Chiesa russa al quartiere Carrassi. Lì un uomo di quasi 60 anni che dormiva all’aperto è stato picchiato da sei/sette minorenni (femmine e maschi), riportando alcune fratture, traumi ed ecchimosi con una prognosi di 20 giorni stilata dal Pronto soccorso del Policlinico.

È stata la stessa associazione a far emergere il caso. «Conosciamo bene la vittima», spiega Tataranni. «Quella notte era passato dalla mensa sociale della nostra associazione, ci ha salutato, gli abbiamo dato una coperta», spiega. Poi l’aggressione mentre se ne stava per conto suo sdraiato su una panchina. «Si è avvicinato questo gruppo di ragazzini, che hanno cominciato a fumare e bere nel giardino, e mentre cercava di dormire gli hanno chiesto una cartina e gli hanno tirato la coperta, lui ha sbuffato stizzito chiedendo di smetterla», prosegue Tataranni. All’improvviso si è ritrovato tempestato alle spalle da una pioggia di schiaffi e pugni, «travolto dalla cattiveria», dice amaramente. «Ora è terrorizzato e in quella zona non andrà più. Ieri è stato ospitato da una persona ma non potrà stare sempre là».

«Ma non finisce qua – promette il presidente – verrà presentata una denuncia ufficiale, abbiamo il tempo per farlo».

Il fenomeno

Per Tataranni non è la povertà economica la ragione principale per cui queste persone diventano senza tetto. «La più grande ricchezza è la famiglia, se non ce l’hai più o la famiglia ti volta le spalle finisci per strada così come è accaduto al nostro amico», evidenzia. «Non siamo lì a giudicare, non conosciamo le dinamiche», precisa. «Sicuramente il nostro amico avrà commesso degli errori. Lui stesso li ha ammessi. Molti di loro si allontanano, cercando luoghi isolati e separati da tutti dove vogliono vivere la loro invisibilità».

L’associazione viene vista come una casa e una famiglia. In.Con.Tra. si occupa di lotta alla povertà mediante l’assistenza alle famiglie indigenti, circa 1081 nuclei familiari a Bari, e in favore dei senza dimora. «Abbiamo un bar sociale, l’unità di strada, per cinque volte a settimana, una mensa sociale e la Cucina mobile donata dalla fondazione Progetto Arca», continua Tataranni. Con i senza fissa dimora si è creato un rapporto aperto, di reciproca fiducia.

«Hanno i nostri numeri personali e ci chiamano, noi li monitoriamo: abbiamo stilato una mappatura completa di tutti i luoghi in cui si fermano. Con l’unità di strada ‘battiamo’ punti diversi della città, dal centro alla periferia e ai paesi». Tra di loro «ci sono molti padri divorziati, che magari hanno perso il lavoro a 52/53 anni, e mamme sole e single che non riescono a sbarcare il lunario e si affacciano alla nostra mensa serale per cenare e per avere un aiuto e un supporto», racconta.

«Il numero è in aumento. Prima si ‘appoggiano’ ad amici, poi cercano rifugio in case abbandonate e alla fine vanno per strada». Tataranni cerca di smontare qualche luogo comune. «Nell’immaginario collettivo i senza dimora sono persone che vogliono dormire per strada, ma in realtà non è così», afferma. «È minima la percentuale di chi si è così chiuso in se stesso che non riesce più a socializzare con gli altri. Ma la maggior parte vorrebbe un tetto. C’è una lista di attesa lunga per i dormitori – sottolinea Tataranni – a Bari non bastano a coprire tutte le esigenze ma la situazione è simile in ogni città, non basteranno mai. E poi c’è anche diffidenza e sfiducia verso gli altri. A una certa età, per tutti, e anche per loro, c’è bisogno di una certa intimità: quindi non si può dire semplicemente ‘occorre che andiate là».

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