È stato presentato stamattina al Bif&st, in anteprima nazionale, “Il sangue mai lavato“, documentario sulla storia di Francesco Marcone, direttore dell’Ufficio del registro di Foggia ucciso a 57 anni la sera del 31 marzo del 1995 con due colpi di pistola nel portone del palazzo dove abitava.
Solo una decina di giorni prima, Marcone aveva denunciato alla Procura di Foggia presunti illeciti compiuti da sconosciuti che garantivano, dietro pagamento, il rapido disbrigo di pratiche riguardanti il suo ufficio.
Il documentario è stato realizzato in occasione del trentesimo anniversario dall’uccisione di Marcone. È diretto dal regista Luciano Toriello, che lo ha scritto a quattro mani con il giornalista Felice Sblendorio.
Dopo tre decenni non si è ancora giunti ad alcuna sentenza di condanna, non sono stati trovati né gli esecutori materiali né i mandanti dell’omicidio.
L’opera, ha evidenziato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano intervenendo alla presentazione, «rimette insieme tanti anni di indagini giornalistiche e giudiziarie, restituisce un quadro complessivo che, secondo il nostro giudizio, merita di essere visto, riproposto ai magistrati perché valutino l’opportunità di riaprire le indagini sul caso Marcone».
Emiliano ha sottolineato che «le archiviazioni possono essere revocate se la Procura, anche senza necessariamente aver acquisito nuovi elementi, dovesse sentire il bisogno di approfondire, anche alla luce di nuove tecniche e capacità investigative, gli elementi già acquisiti. Noi – ha concluso il governatore pugliese – ci auguriamo che con il sostegno dell’intera comunità foggiana, che per altro negli anni è profondamente cambiata nonostante le difficoltà di quella città, si possa sostenere lo sforzo dei magistrati e della famiglia per ottenere verità».
Alla proiezione del documentario c’erano anche Daniela e Paolo Marcone, figli di Francesco. «Sicuramente è stato molto emozionante. È la prima volta che lo vediamo anche montato con la colonna sonora», ha affermato Daniela, sottolineando che «si continua ad andare avanti. Mi pare che si possa dire che tanti punti sparsi siano stati uniti per determinare una narrazione complessiva che restituisca finalmente dopo trent’anni qualcosa che tiene insieme l’oggettività dei fatti, le notizie di cronaca, le archiviazioni, quello che non è stato fatto e i sentimenti, le emozioni, le tante assenze e il danno che c’è stato».
Per Paolo Marcone «le emozioni che si sono alternate sono molto forti perché attraverso alcune immagini ho potuto rivedere pezzi della vita della mia famiglia. Ma ci sono anche emozioni negative perché dopo 30 anni si accusa una certa stanchezza in quella che è stata una vera e propria battaglia condotta fin qui da Daniela, da me, dalla famiglia Marcone e dai nostri legali. Non abbiamo solo dovuto chiedere giustizia e verità, ma difendere il nome di nostro padre e con insistenza abbiamo chiesto non venisse archiviata la vicenda giudiziaria. Il documentario restituisce pezzi di verità che si uniscono e creano rumore, un rumore che è tornato forte».
Il regista Luciano Toriello ha confessato che «l’idea del documentario è partita anni fa. È un documentario che, attraverso la memoria, cerca di avere uno sguardo più lucido sui fatti, a metà tra l’investigativo e l’intimo e familiare», ha concluso.