Manca sempre meno ormai al 31 gennaio, ultimo giorno di cassa integrazione per i 113 lavoratori Baritech che, se nulla dovesse cambiare rispetto alla situazione attuale, da mercoledì rimarranno senza lavoro. L’azienda ha infatti comunicato che non ha nessuna intenzione di chiedere un’ulteriore proroga degli ammortizzatori sociali, lasciando nei fatti tutti i dipendenti per strada.
In queste ultime ore, a rabbia e sconforto, si sono aggiunti anche delusione e dubbi per la mancata considerazione da parte di chi di dovere di una proposta che avrebbe salvato sia i dipendenti che la fabbrica ma che, per cause ancora poco chiare, non si è concretizzata. Già dallo scorso agosto, infatti, un gruppo di imprenditori aveva presentato, prima a Baritech e poi in sede di task-force regionale, un piano di reindustrializzazione che non solo avrebbe permesso di acquisire lo stabilimento e salvare tutti i lavoratori, ma avrebbe anzi consentito l’assunzione di un’altra settantina di persone, arrivando a contare ben 185 posti di lavoro in tutto. «Perché di questo piano non si è mai fatto nulla? Che fine ha fatto questo progetto?» si domandano alcuni operai che in queste ore stanno protestando davanti ai cancelli della fabbrica e che questa mattina si ritroveranno davanti al palazzo della Regione per chiedere al governatore Michele Emiliano di essere ascoltati.
Secondo fonti sindacali, infatti, il progetto sarebbe stato chiaro, concreto e credibile, con tanto di investimenti già pianificati e ingenti disponibilità bancarie. Dopo aver salvato tutti i lavoratori e averne assunti altri 70, l’ormai ex Baritech sarebbe stata trasformata in un nuovo polo regionale per la logistica e lo smistamento dei farmaci. E questo nuovo piano sarebbe potuto essere l’ultimo spiraglio per il futuro della fabbrica barese se si considera che solo pochi giorni fa la cordata guidata dalla bresciana Arborio avrebbe, tramite una mail, preso le distanze poiché non avrebbe trovato le stesse condizioni presenti a ottobre nello stabilimento: «Molti sono i dubbi – dice Pino Anaclerio della Femca Cisl – perché un’azienda come questa non sta a perdere tempo per qualche centinaia di migliaia di euro perché ha trovato alcuni macchinari non funzionanti. Non prendiamoci in giro».
L’appello unanime dei lavoratori è ora rivolto alle istituzioni affinché prendano seriamente in esame questo secondo progetto che, a questo punto, potrebbe essere la loro ultima ancora di salvezza: «Vorremmo proprio sapere perché questa trattativa non è andata a buon fine» si domandano, aggiungendo: «Se Baritech concedesse un altro mese di cassa integrazione, questo potrebbe essere utile a recuperare quella trattativa che salverebbe tutti». Sotto accusa, quindi, prima la stessa Baritech che, secondo i lavoratori, «dopo aver ricevuto commesse per più di 80 milioni di euro da parte di enti pubblici e privati, tra lampade e meltblown, non vuole farsi carico di un altro mese di cassa integrazione che potrebbe essere utile a salvare capra e cavoli. È questo che a noi fa male». La seconda accusa è rivolta alle istituzioni regionali: «Perché la task-force non si attiva per prendere in esame quest’altra offerta di acquisizione? Qual è il problema?», si domandano i 113 operai.
«Il nostro obiettivo è salvare tutti i lavoratori e non lasciare nessuno a casa» dice Anaclerio, che aggiunge: «Siamo disposti a sposare qualsiasi progetto che preveda la tutela dei posti di lavoro, anche se questi venissero smistati in diverse società o attività. Bisogna mettere al sicuro tutti i dipendenti».