Non ha trovato un rifugio migliore per la notte se non un cartone di un televisore di ultima generazione da circa 40 pollici abbandonato per strada. È successo domenica sera davanti alla chiesa russa di Bari nel quartiere Carrassi, dove un migrante è stato notato da alcuni passanti. Inizialmente la stranezza della scena ha fatto pensare che si trattasse di uno scherzo e che l’uomo fosse finito all’interno del cartone per sbaglio restando poi incastrato. Ma nessuno è riuscito a convincerlo ad abbandonare il suo rifugio di fortuna e della vicenda è rimasta solo l’immagine della grande distanza tra la vita di chi può permettersi un televisore di ultima generazione e chi invece è costretto a utilizzane l’involucro perché non ha un tetto sopra la testa.
A essere cresciute in questi anni sono soprattutto le disuguaglianze, che portano con sé criticità mentali e dipendenze. Manca la casa e manca un lavoro. E si finisce per strada. «Siamo nel pieno di un’emergenza sociale ed economica oltre che psicologica – spiega don Vito Piccinonna, direttore della Caritas della diocesi di Bari-Bitonto – Da marzo del 2020 abbiamo evidenziato un netto aumento delle persone che si sono rivolte alle 126 parrocchie della diocesi per un aiuto concreto. Nel 2021 abbiamo registrato addirittura 6.700 nuovi primi accessi. Le richieste riguardano soprattutto beni e servizi materiali (74%), sussidi/aiuti economici (61%), pagamento delle utenze domestiche (54%), lavoro (51%), orientamento ai servizi (34%)».
Sarebbe necessaria la presenza dello Stato sociale, che dovrebbe provvedere ad assicurare ai senza dimora l’inclusione nella società attraverso politiche di protezione. Servono piani di finanziamento volti ad assicurare ai clochard l’etica della sussistenza. «Negli ultimi anni si sono rafforzate le misure di contrasto alla povertà – prosegue Piccinonna – Oltre a rispondere all’emergenza del momento si cerca sempre di provare a organizzare in modo coordinato con i servizi territoriali un accompagnamento che porti a percorsi di inclusione. Perché al diritto all’assistenza deve accompagnarsi il dovere degli attori del sociale di creare le condizioni per riportare quanti vivono in condizione di fragilità a vivere un’esistenza dignitosa».
Il rischio di oggi, però, è che a finire in stato di povertà estrema siano anche molti “insospettabili”. La crisi sanitaria degli ultimi anni ha toccato lavoratori precari, a “nero” o stagionali, e molte famiglie che si sono trovate travolte da debiti, canoni di locazione non pagati o bollette delle utenze saldate a stento. In tanti hanno perso la casa e quel poco che possedevano: la questione abitativa in questo modo ha aggravato la povertà, rendendo la città sempre più disuguale e aumentando il divario tra classi sociali. «Se è vero che sono stati fatti dei passi in avanti, ciò comunque non basta – ammette don Vito Piccinonna – Le povertà sono una tenaglia che non smette di liberare persone e situazioni». Promozione umana e non semplice assistenzialismo, che produce l’effetto contrario della cronicizzazione delle povertà. «Oggi più che mai, è tempo di solidarietà. Chi più ha dia di più. Non si renda “invisibile” nessuna fascia – conclude Piccinonna – Non dobbiamo lasciare nessuno solo, perché alla pura crescita economica che domina il dibattito pubblico e il disegno delle politiche di welfare vi sia una sempre maggiore attenzione al benessere complessivo di una comunità, che si realizza con l’impegno di ciascuno, con un’attenzione smisurata per l’altro e con misure di giustizia sociale redistributive della ricchezza e del reddito».