«Mi ha chiesto delle mie abitudini sessuali, dandomi della “monellina”, e quanti partner avessi avuto. Domande atte a indagare le mie abitudini sessuali che non avevano nulla a che fare con la presenza del papilloma virus». Prosegue con l’ascolto di altri testi il processo a carico del ginecologo barese, Giovanni Miniello, accusato di violenza sessuale, tentata e consumata, e lesioni personali nei confronti di sue ex pazienti. Nell’udienza di ieri pomeriggio, dinanzi al presidente del Tribunale, Marco Guida, ha deposto una delle presunte vittime del ginecologo rispondendo per circa un’ora alle domande della pm, Clarissa Lacatella e poi a quelle del difensore del medico, l’avvocato Roberto Eustachio Sisto.
Nelle parole della donna è emerso in modo chiaro il disagio provato soprattutto durante la seconda visita a cui si sottopose per curare il suo problema ginecologico, scoperto sottoponendosi a normali test biologici di routine. Il referto fu positivo e il ginecologo della madre le consigliò di rivolgersi a Miniello, noto per avere risolto casi sovrapponibili al suo. E così fece la donna sentendosi da subito a disagio nello studio del professore, ma non si confidò con nessuno. Fu il servizio mandato in onda da Le Iene a farle riconsiderare quella esperienza e a parlarne con il compagno.
Il racconto
«Durante la prima visita cercai di riportare il discorso su questioni più mediche. Ma continuò a farmi domande intime e a parlami della “bonifica” con cui, grazie al suo sperma, avrebbe risolto il mio problema. Poi mi controllò il seno con una palpazione non normale. Quando vidi il servizio in tv mi resi conto di non essere stata l’unica a provare disagio», ha aggiunto la donna. Nonostante il ginecologo l’avesse invitata a un controllo dopo sei mesi, lei ritardò l’appuntamento chiedendo al compagno di accompagnarla alla visita successiva proprio per evitare ulteriori imbarazzi. Ma lui non potette accompagnarla trovandosi di nuovo sola.
«La seconda visita, per me, è stata più turbante perché oltre a essere più condita rispetto a quanto ho appena detto, lui, senza il mio consenso, mi disse di girarmi per controllare il “culetto”. Mi mise in quadrupedia (a carponi ndr.) e mi infilò qualcosa che mi fece molto male, fino alle lacrime, spruzzandomi qualcosa all’interno, e facendo poi una fotografia mostrandomi un puntino bianco dove avrebbe potuto attecchire il virus. Appena libera, mi dette delle pacche sul sedere invitandomi a rivestirmi». La donna ha poi risposto alle domande della difesa del ginecologo confermando quanto denunciato anche ai carabinieri. Al termine dell’udienza sono poi state decise le date dell’ascolto degli altri testi fino a giugno 2026.










