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Bari, sindaci con Leccese dopo l’attacco del console israeliano: «Genocidio? Basta silenzio»

«Assistiamo tutti i giorni a un vero e proprio genocidio deliberato nei confronti di migliaia di civili palestinesi innocenti. Non possiamo più assistere impotenti a tutto ciò senza indignarci ed esprimere la nostra sofferenza morale. Senza che il silenzio diventi complice». Con una nota congiunta, i sindaci dell’area metropolitana esprimono sostegno al primo cittadino di Bari, Vito Leccese, e respingono le critiche mosse dal Console israeliano a Bari, Luigi De Santis. Parole che seguono le recenti dichiarazioni del sindaco sulla situazione a Gaza. «Leccese ha espresso un sentimento che condividiamo e facciamo nostro – scrivono – A Gaza non si sta solo combattendo una guerra, ma annientando scientificamente un intero popolo, senza condizioni e rispetto del diritto internazionale».

La condanna

Le dichiarazioni arrivano all’indomani del commento di Leccese, che venerdì aveva definito l’intervento israeliano a Gaza come «un genocidio inaccettabile», in concomitanza con l’adesione del Comune al flash mob “50mila sudari per Gaza”. Il console De Santis aveva replicato criticando la scelta del sindaco di esporre, in passato, la bandiera palestinese dal balcone comunale, sottolineando la mancanza di prese di posizione sulla recente uccisione di due diplomatici israeliani a Washington.

A Bari, intanto, è stato organizzato un presidio non istituzionale per chiedere la chiusura dell’ambasciata israeliana. «Nulla da dire contro la manifestazione, sono un amante della libertà di espressione – commenta De Santis – ma se aspettano che venga cacciata la rappresentanza di Israele avranno molto da manifestare». Nel documento è inoltre ribadita la condanna del terrorismo e di qualunque attentato, ma si precisa: «Non si può e non si deve confondere un movimento terroristico con un intero popolo. Vogliamo che le guerre tutte finiscano. Noi denunciamo la disumanità di quello che il Governo – e non il popolo – di Israele sta facendo a Gaza. Nessuno può colpevolizzare chi sceglie di non restare in silenzio».

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