Una volta li chiamavano “cento polmoni”, un appellativo coniato a posta per quei giocatori che correvano dal primo all’ultimo minuto della partita senza mai rifiatare. Ahmad Benali è lo specchio fedele di questa ristretta categoria di calciatori, nonostante non sia più un ragazzino coi suoi 33 anni. E’ lui l’uomo-ovunque di mister Longo, il maratoneta, la diga di centrocampo, pronto a interrompere le trame avversarie ma anche a suggerire giocate per i suoi compagni di un attacco che continua ad andare a scartamento ridotto. Oggi è uno dei pochi insostituibili nello scacchiere del Bari, un titolo che si è guadagnato con tanto sudore sul campo.
Un gol e due assist per lui all’attivo in questa stagione. Assieme al compagno di reparto Maita, costituisce la vera spina dorsale della formazione biancorossa.
Due stagione e mezza al Bari. Arrivato quasi in punta di piedi fino alla svolta nel campionato scorso. Oggi, Benali è considerato imprescindibile negli schemi mister Longo. Si sente un po’ questa responsabilità sulle spalle?
«Mi sento un giocatore importante, ma allo stesso tempo uno dei tanti perché so che nel calcio ci vuole poco a perdere il posto e per mantenerlo bisogna sempre lavorare al massimo e sfruttare le occasioni che ti vengono date. Quindi mi concentro su me stesso e mi metto a disposizione della squadra, aiutando anche i colleghi più giovani. Sono veramente contento dello spazio che mi è stato dato e cerco di sfruttarlo al massimo».
Nel suo primo periodo a Bari si era creato un dualismo con Maiello. In molti, a cominciare dal tecnico dell’epoca (Mignani, ndr) sostenevano che lei e Maiello non poteste coesistere in campo per una questione di caratteristiche troppo simili. Poi la svolta, lo scorso campionato, con mister Marino, complice il concomitante infortunio proprio di Maiello.
«Sicuramente se non se fosse arrivato mister Marino, che ringrazio per avermi dato questa possibilità, rischiava di finire prima di iniziare la mia avventura a Bari, perché non avevo mai giocato prima, per questo modo di pensare che non potevo coesistere con Raffaele. Appena mi è stata dato l’occasione ho voluto dimostrare che non ero un giocatore finito come sono stato descritto. Ripeto, sono contento e soprattutto grato a Marino perché, nonostante tanti voci che giravano, lui ha guardato in faccia la realtà, mi ha detto che stavo bene e mi ha messo subito in campo. Col mister sono rimasto in contatto perché per me, prima di essere un bravissimo allenatore, è una bravissima persona».
Dove si sente più a suo agio: nel coprire la squadra o nell’ispirare le giocate offensive?
«Adesso mi sento più completo rispetto a qualche anno fa perché prima, magari, pensavo più alla fase offensiva, più alle giocate personali e a far gol e assist. Però, col passare degli anni, sono riuscito a prendere spunti dagli altri compagni di squadra. Ancora oggi guardo tutti, dal più giovane al più vecchio, e cerco di rubare quello che posso per diventare un giocatore più rifinito. Quindi, in questo momento mi sento più completo rispetto a prima e cerco di mettermi, come ho già detto, a disposizione e di sfruttare le mie caratteristiche».
E’ un Benali, dunque, nel pieno della maturità calcistica, un centrocampista universale, in grado di garantire più fasi.
«Mi sento un giocatore che ha imparato con gli anni da tutti gli allenatori e da tutti i compagni che ho avuto e riesco a fare un po’ di tutto. Ovviamente ho molti difetti che ancora oggi posso migliorare tantissimo e cerco di farlo tutti i giorni».
Asse portante del Bari, metronomo e motorino. Si riconosce in questi di tre appellativi?
«Mi fanno molto piacere. Essere arrivato a questa età a giocare in una piazza come il Bari non è scontato e sono contento di questa continuità e di questa stima che la gente ha nei miei confronti e la percepisco. Mi fa veramente molto piacere e cerco di ripagarla ogni settimana con le prestazioni e anche ogni giorno negli allenamenti».
È un Bari che quest’anno procede un po’ tra alti e bassi. Secondo lei, cosa manca a questa squadra per mantenere continuità di rendimento e, soprattutto, per vincere qualche partita in più?
«Penso che a livello di prestazioni abbiamo avuto continuità. Ovviamente, ci sono stati dei momenti più brillanti e momenti meno brillanti, come è giusto che sia. Periodi in cui la squadra ha avuto un calo fisico e tanti infortuni, quindi, coi giocatori contati. Però penso che comunque la prestazione c’è sempre stata. Poi sicuramente si poteva vincere qualche qualche partita in più e ce lo meritavamo pure. Io dico che alla fine raccogli quello che hai seminato. Quindi, se i punti che abbiamo sono quelli, evidentemente quelli ci meritiamo. Però, secondo me, questa squadra può ancora crescere, cioè deve credere ancora di più in se stessa perché la ritengo una squadra forte».
Un po’ di punti li avete lasciati per strada per qualche rimonta di troppo che avete subito quest’anno: partite che sembravano già vinte, anche con due gol di vantaggio, in cui vi siete fatti riprendere.
«Sicuramente siamo stati rimontati tante volte, soprattutto nel girone d’andata. Poi, nel ritorno, quando i punti iniziano a pensare veramente, mi rendo conto che le partite sono meno belle e le vince chi lo vuole di più e chi vuole raggiungere l’obiettivo a tutti i costi e porta a casa il risultato. Il girone di ritorno è meno bello e meno brillante perché i punti pesano. Quindi, prima di fare una giocata, ci pensi un po’ di più e ti concentri molto sull’obiettivo. Quando sono le ultime 10-15, le gare sono meno belle e meno brillanti perché pesano di più sul campionato».
Play-off, un traguardo o un tentativo?
«Noi dobbiamo sempre guardare davanti perché per me che la vedo tutti i giorni è una squadra forte e può ambire a fare grandi cose. Quest’anno siamo ripartiti da zero, dopo i playout. È una squadra nuova, con un allenatore nuovo e ritengo che stia facendo un buon campionato. Il Bari deve ambire a fare i playoff perché non voglio pensare che sia inferiore alle altre otto squadre di testa».
Più che una domanda di calcio è una curiosità. Benali, spesso, durante le partite, cambia direzione in un modo originale: si ferma, fa un saltello, poi una giravolta sul posto e riprendere a correre. E’ solo un effetto ottico o una sua particolarità?
No, può essere, perchè a volte quando sei in campo fai delle cose che diventano abitudini e con gli anni non ci fai più caso. Non lo so, non me ne accorgo, non lo faccio apposta. Avendo il baricentro basso magari mi viene facile fare un giro su me stesso e poi riparto».