Davanti ai giudici non ha avuto esitazioni: «Sì, sono stato autista del boss Savino Parisi e amico del figlio Tommy, ma successivamente ne ho preso le distanze». Fabio Fiore, arrestato a febbraio 2024 insieme con altre 129 persone e oggi imputato nel processo “Codice Interno”, ha respinto le accuse mosse nei suoi confronti dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari secondo le quali avrebbe fatto da “ambasciatore” per conto del capoclan attualmente detenuto nel carcere di Terni.
I rapporti con i Parisi
Assistito dal penalista Rubio Di Ronzo, il factotum di Parisi ha ammesso di aver condotto l’auto del boss Savino ma per un periodo limitato, precisamente dal 2006 al 2008. Allo stesso modo, Fiore ha riconosciuto il rapporto di amicizia che per un certo tempo lo ha legato a Tommy, cantante neomelodico e figlio del capoclan.
Le accuse respinte
Subito dopo, però, Fiore ha negato di aver portato i messaggi del boss, che attualmente si trova nel carcere di Terni, a persone legate al clan attivo nel quartiere barese di Japigia. «No, non ho mai fatto da ambasciatore di Parisi», ha precisato davanti al Tribunale. Anzi, al cospetto dei giudici l’ex autista del boss ha spiegato di essersi definitivamente allontanato dall’organizzazione criminale in tempi non sospetti: affermazione che trova riscontro in alcune videochiamate tra Savinuccio e alcuni familiari, in cui il capoclan in persona parla di Fiore come di un «disonorato».
Il gioco d’azzardo
Sempre nel corso dell’udienza celebrata ieri davanti al Tribunale di Bari, Fiore ha negato anche di aver riciclato denaro sporco per conto del clan Parisi investendo in slot machine. Ora non resta che attendere l’interrogatorio del boss Savinuccio per il quale la Dda ha chiesto vent’anni di carcere: l’udienza è quella del 12 febbraio.