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Bari, le mani dei clan sulle case popolari: una su 17 è occupata abusivamente

Ben oltre i blitz notturni, quelli fatti di anziani e donne incinte che nottetempo entrano in case popolari momentaneamente vuote e ne prendono possesso. La situazione degli alloggi di Arca Puglia, circa 8.500 in tutta Bari, è molto più complicata. Perché, e lo raccontano i collaboratori di giustizia ai magistrati della Dda (anche nella recente maxinchiesta Codice Interno), se ne fa un vero e proprio “commercio”. Sono in totale 500, al momento, gli alloggi di Arca Puglia occupati abusivamente: in 1 su 17 ci vivono persone non aventi diritto.

I clan

Non è la prima volta, negli ultimi 30 anni, che in città la gestione dell’occupazione popolare passa dalle associazioni criminali baresi, che le utilizzano per acquisire consenso, all’interno della zona di riferimento ma anche per consolidare il proprio potere criminale. È accaduto ad esempio, nel 2018, durante il conflitto interno al quartiere Japigia, tra Palermiti e Busco, con la “cacciata” dei Busco dal rione, cominciata proprio dalle donne della famiglia, costrette a lasciare nottetempo le case popolari in cui si erano stabilite o che erano state loro attribuite in virtù di redditi bassi o, addirittura, indigenti, ma con un tenore di vita completamente diverso. Lo racconta agli investigatori della Squadra Mobile, Mimmo Milella, ex braccio destro di Palermiti, poi diventato collaboratore di giustizia: «Di nuovo Palermiti Eugenio mandò a … perché quello poi voleva la casa di quella, capito? Perché scriveva i link pure, i link brutti: “Dovete morire” queste cose qua, per il fatto del cognato, Barbieri, però Eugenio l’obiettivo suo era la casa popolare – spiega raccontando la cacciata dei Busco – E infatti così è stato, quella gliel’ha lasciata la casa popolare. Fu sempre mandante Eugenio Palermiti ».

Il consenso

La distribuzione degli alloggi ai propri affiliati è, invece, alla base della tenuta di un clan mafioso, fatto di consenso sociale e di tutto quello che, a vario titolo, fa dei capiclan un vero e proprio “anti Stato” agli occhi dei residenti. Case, lavoro, denaro: sono le tre promesse, sempre mantenute, che consentono ai boss di controllare le zone su cui esercitano il loro potere, sostituendosi appunto allo Stato.

Il caso Olivieri

Ma non solo ai boss. Emerge, ad esempio, anche nelle migliaia di pagine che costituiscono “Codice Interno”, in alcune intercettazioni, nella parte che riguarda la posizione dell’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, arrestato un anno fa per voto di scambio politico-mafioso. I fatti, ormai noti e relativi alla campagna elettorale per le comunali del 2019, riguardano proprio il presunto accordo stipulato dal politico e da sua moglie Maria Carmen Lorusso (anche lei imputata per gli stessi reati) con alcuni esponenti di clan del quartiere San Paolo: «Ma col cuore lo faccio Eleonora! la casa col… come ti abbiamo detto, stai tranquilla – rassicura Olivieri – salto la processione con la nuova legge e dobbiamo rimanere fuori, quindi io proprio il 4 settembre devo ritornare là, la pratica mo’… allora mi sono fatto le foto la faccio già mettere da parte». La destinataria in questione è cugina di Bruna Montani, referente di Olivieri per i “portatori di voti”. Scrivono gli investigatori della Squadra Mobile nell’informativa che ha condotto agli arresti del 26 febbraio 2024, «Un impegno quello per la residenza della Loiodice che, come si è evidenziato, è nel novero delle promesse elettorali e che è apparso essere stato mantenuto. Chiaramente la Loiodice non ha alcun titolo per la residenza all’interno dell’alloggio popolare che ha dapprima occupato in condizione di ‘ospitalità’ e, allo stato attuale, in situazione di abusività».

La vendita

Sempre nell’inchiesta Codice Interno, emerge come il controllo delle case popolari è tale da decidere, in un caso, di metterle in vendita. È il tentativo di Davide Monti, il 34enne erede di Mimmo il biondo, che a 11 anni trasportava pistole per il borgo antico, episodio che gli valse il soprannome di “bambino con la pistola”, e che di recente è stato nuovamene arrestato (era già detenuto) per narcotraffico. Davide Monti, si evince dalla conversazione tra due affiliati ai Palermiti, avrebbe tentato di vendere loro un appartamento di sua madre defunta, in via Salvemini.

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