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Bari, la storia di Francesco: salvato due volte tra miracoli e infinite liste d’attesa

Sei anni fa, Francesco ha vissuto quello che definisce «un miracolo». Un aneurisma dell’aorta, improvviso e senza preavviso, lo ha portato sull’orlo della morte. La tempestività dei soccorsi e la prontezza dell’equipe medica gli hanno salvato la vita. «Sono vivo per miracolo», ripete, ancora incredulo. Ma la storia di Francesco non finisce qui. Durante uno dei controlli successivi, grazie all’occhio attento di una dottoressa, è stato scoperto un tumore al pancreas in fase embrionale. Grazie all’intervento immediato dei medici, ha potuto iniziare la terapia in tempo, aumentando le possibilità di guarigione. Ancora una volta, il tempo ha fatto la differenza. Oggi, però, Francesco si scontra con un nemico ben diverso: le liste d’attesa interminabili del servizio sanitario nazionale.

Aveva bisogno di un esame urgente, essenziale per monitorare la sua condizione. Con il servizio pubblico, gli sarebbe stato fissato a settembre 2026. Sì, tra quasi due anni. «Due anni! Per una persona che ha già vissuto due esperienze che potevano costargli la vita», sbotta Francesco. La scelta è stata chiara, ovvero rivolgersi al privato. 300 euro e l’esame è stato fatto in tre giorni. Tre giorni contro quasi due anni. La differenza tra sopravvivere e rischiare di perdere tempo prezioso.

«È assurdo. Non dovremmo dover pagare per avere l’assistenza che ci spetta», denuncia. La vicenda di Francesco non è solo sua personale ma è un campanello d’allarme sulle criticità del sistema sanitario, che rischia di mettere a dura prova anche chi ha avuto la fortuna di ricevere diagnosi tempestive. Liste d’attesa infinite, procedure lente, tempi che possono sembrare eterni, tutto questo mentre la vita non aspetta.

Francesco lancia un appello chiaro alle autorità e ai cittadini: «La vita non può aspettare due anni per un esame fondamentale. Servono soluzioni concrete e tempi rapidi, soprattutto per chi ha bisogno di cure urgenti». Tra miracoli medici e attese insopportabili, la sua storia diventa simbolo di resilienza e di denuncia, ricordandoci che, in medicina, ogni giorno conta.

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