Non sarebbe stato Alessandro Rafaschieri a commettere l’estorsione mafiosa ai danni del titolare di un’enoteca del quartiere Madonnella di Bari nel 2018.
Quell’estorsione, per la Dda di Bari, si inserì nella faida per il controllo del rione tra i clan Parisi-Palermiti e i Di Cosimo-Rafaschieri, vicini agli Strusciuglio, che culminò, nel settembre di quell’anno, con l’omicidio di Walter Rafaschieri, fratello di Alessandro, a sua volta gravemente ferito e tutt’ora paralizzato.
Secondo i giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Bari, l’estorsione non fu commessa da Alessandro Rafaschieri, che – come sostenuto dal suo avvocato, Libio Spadaro – nei giorni in cui viene contestata l’estorsione si trovava in ospedale proprio a causa di quell’agguato e per questo è stato assolto.
Il coinvolgimento di Rafaschieri nell’estorsione era emerso da una conversazione intercettata tra altri esponenti della criminalità barese, che sostennero di averlo saputo da persone del quartiere San Paolo di Bari, rimaste però anonime.
Per Rafaschieri si tratta del secondo processo d’appello per questa vicenda: nel precedente era stato condannato a quattro anni per l’estorsione da 15mila euro e per la detenzione di armi, sentenza annullata con rinvio dalla Cassazione.
Il 2 maggio, quindi, la Corte d’Appello ha assolto Rafaschieri «per non aver commesso il fatto» relativamente all’estorsione, rideterminando la pena nei suoi confronti (solo per le armi) a due anni di reclusione. Nello stesso provvedimento la Corte ha rideterminato le pene anche per i coimputati Saverio De Santis (sei anni e quattro mesi) e Francesco Gismondo (due anni e 10 mesi).