Condanne confermate. La Corte di Cassazione ha messo un punto fermo nella vicenda giudiziaria che riguarda l’ex giudice per le indagini preliminari di Bari, Giuseppe De Benedictis, e l’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello, imputati per corruzione in atti giudiziari in un processo svoltosi a Lecce. De Benedictis dovrà scontare una pena di sette anni di reclusione, mentre Chiariello è stato condannato a sei anni.
La vicenda
Stando all’accusa, l’ex gip, in cambio di somme di denaro fino a trentamila euro versate dall’avvocato Chiariello, avrebbe emesso quattro provvedimenti di scarcerazione a favore di clienti del penalista. Diversa la situazione per Alberto Chiariello, figlio del penalista e anch’egli avvocato. La Cassazione ha, infatti, annullato la sua condanna a tre anni e un mese di reclusione. Nello specifico, per due delle accuse a lui contestate la decisione è stata annullata senza rinvio, mentre per un caso di corruzione in atti giudiziari l’annullamento è con rinvio a un’altra sezione della Corte d’Appello di Lecce, che dovrà rideterminare la pena.
In appello era già caduta l’aggravante dell’agevolazione mafiosa, inizialmente riconosciuta in primo grado nei confronti di tutti e tre gli imputati. È la seconda condanna definitiva per l’ex gip di Bari. L’anno scorso era divenuta irrevocabile la sentenza a nove anni di reclusione per il possesso di un maxi arsenale scoperto in una villa di Andria. Un caso che aveva destato scalpore, considerando che lì furono trovate oltre duecento armi tra caricatori e munizioni.
Le altre sentenze
Si apre così un nuovo capitolo in una vicenda che alla fine dello scorso anno ha, invece, messo la parole fine all’indagine sui sette poliziotti della questura di Bari accusati di aver falsificato i verbali di distruzione di alcune armi, poi finite – secondo l’accusa – nelle mani dell’ex gip di Bari, Giuseppe De Benedictis. La gip di Lecce, Giulia Proto, ha infatti disposto l’archiviazione del procedimento a loro carico, accogliendo la richiesta avanzata dal pm Alessandro Prontera.
L’indagine era scattata in seguito alla scoperta dell’arsenale detenuto da De Benedictis. Per i sette poliziotti, la giustizia ha escluso responsabilità dirette. Difesi dagli avvocati Massimo Chiusolo, Emiliano D’Alessandro e Raffaele Pesce, i poliziotti erano stati accusati di aver firmato falsi verbali attestanti la distruzione di armi che, in realtà, sarebbero state invece consegnate all’ex gip. La procura ha però riconosciuto la loro «sostanziale buona fede». L’inchiesta, in questo caso, ha evidenziato un atteggiamento definito «superficiale» da parte degli agenti, che si sarebbero limitati a firmare la documentazione senza ulteriori approfondimenti.