Non ci sarebbero nuove prove e pertanto la Procura di Bari ha chiesto una nuova archiviazione dell’indagine sull’omicidio di Benedetto Petrone, operaio comunista 18enne ucciso il 28 novembre del 1977, durante un’azione di gruppo di militanti fascisti.
L’Anpi e la sorella di Benedetto, Porzia Petrone, si sono opposti e la gip Gabriella Pede ha fissato un’udienza in camera di consiglio per decidere in merito all’archiviazione.
Nel 2023, il gip a cui era stata precedentemente chiesta l’archiviazione (di un’inchiesta aperta nel 2017 a carico di ignoti) aveva disposto nuove indagini, riconoscendo l’esistenza delle aggravanti della crudeltà e dei motivi abietti nell’omicidio di Petrone. La Procura aveva quindi iscritto sei persone nel registro degli indagati e aveva avviato delle intercettazioni a carico degli stessi. Alcuni dei quali, negli anni Ottanta, erano stati condannati per favoreggiamento.
Dalle loro conversazioni, successive alla diffusione della notizia dell’iscrizione di nuovi indagati, sarebbero emersi elementi «interessanti» relativamente alla vicenda del 1977, come il riferimento al numero di partecipanti in quella azione. Ma, pur essendoci «elementi quantomeno di fondato sospetto circa la partecipazione degli indagati al fatto», scrivono il procuratore Roberto Rossi e la pm Grazia Errede nella richiesta di archiviazione, non appare possibile «formulare nei loro riguardi una fondata previsione di condanna» in quanto le indagini svolte non hanno «portato ad ulteriori elementi di prova a corredo e riscontro dei dialoghi trascritti».
Dei sei indagati, cinque si sono avvalsi della facoltà di non rispondere quando chiamati per l’interrogatorio, mentre un sesto vive in Indonesia e non si è presentato.
Un indagato, intercettato, in un’occasione sostiene di aver interessato esponenti del governo della vicenda.
Alla richiesta si è opposto l’avvocato Michele Laforgia, che assiste l’Anpi e Porzia Petrone. «Gli odierni indagati devono ritenersi corresponsabili del brutale omicidio di un ragazzo inerme e in condizioni di minorata difesa a causa dei problemi di deambulazione che gli impedirono di sottrarsi alla furia squadrista», si legge nell’atto di opposizione con cui il legale chiede alla gip di ordinare alla Procura «la formulazione dell’imputazione di omicidio volontario pluriaggravato» nei confronti degli indagati e l’ascolto di altre persone informate sui fatti.
La gip deciderà al termine dell’udienza del 9 luglio. Per l’omicidio, nel 1981, fu condannato a 22 anni di reclusione dalla Corte d’assise di Bari il solo esecutore materiale, Giuseppe Piccolo, con pena ridotta in appello a 16 anni nel 1982. Piccolo morì suicida in carcere due anni dopo la sentenza di secondo grado.