Sette persone, ritenute appartenenti o vicine al clan Parisi-Palermiti di Bari sono state arrestate dai carabinieri in esecuzione di altrettanti ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale presso la Corte di Appello del capoluogo pugliese.
Sono accusate di far parte di un’associazione mafiosa, di detenzione e porto illegale di armi, e di traffico di sostanze stupefacenti. I reati sarebbero stati commessi tra il 2015 e il 2019.
Gli ordini di carcerazione sono stati eseguiti nei confronti di Marco Barone, 36enne di Bari già in carcere a Lanciano e condannato a 10 anni, 4 mesi e 25 giorni di reclusione; Nicola Bruno, 34enne di Fasano attualmente agli arresti domiciliari e condannato a 8 anni di reclusione; Daniele Leleuso di 35 anni, condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione; Domenico Milella, 60 anni condannato a 18 anni, 9 mesi e 11 giorni di reclusione; Michele Ruggieri, 38 anni di Bari e attualmente detenuto a Siracusa, condannato a 9 anni di reclusione; Sebastiano Ruggieri, 41enne di Bari e detenuto a Catania, condannato a 16 anni e 8 mesi di reclusione; Leonardo Pasquale Tritta, 32 anni, detenuto a Lecce e condannato a 6 anni e 1 mese di reclusione.
Le indagini
Le indagini che hanno portato al loro arresto, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari e condotte, in diverse fasi, attraverso servizi di osservazione, pedinamenti e sviluppatesi anche grazie alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno consentito, già nel novembre del 2019, l’esecuzione di 15 provvedimenti cautelari.
L’inchiesta trae origine dal ritrovamento a Bari, nell’ottobre del 2014, di un imponente arsenale e di un deposito di droga: in quella circostanza furono sequestrati sei fucili d’assalto AK 47 kalashnikov, tre mitragliette CZ Skorpio, una pistola mitragliatrice Zagi M91 di fabbrica croata, una pistola mitragliatrice Pletter 91 di fabbrica croata, una pistola mitragliatrice Mp40 di fabbricazione tedesca; sette revolver di vario calibro, ventuno pistole semiautomatiche di vario calibro; sei silenziatori per pistola; uno silenziatore per fucile, quarantotto serbatoi di vario genere, uno giubbotto antiproiettile e dieci chili di cocaina.
Dalle successive indagini è emerso come il clan Parisi-Palermiti avrebbe consolidato la propria forza intimidatrice «mediante azioni violente, finalizzate alla commissione di numerosi reati, traendone così ingenti profitti illeciti, egemonizzando il controllo criminale della zona», scrivono i carabinieri in una nota.
Proprio in questo contesto si inserirebbe l’esplosione di colpi d’arma da fuoco a scopo intimidatorio avvenuta nel circolo U.C. Japigia il 15 marzo 2015. Il circolo era gestito dal genitore di un giovane che, a sua volta, si era reso responsabile del ferimento a colpi d’arma da fuoco di un affiliato dell’organizzazione. I vertici del clan sarebbero anche intervenuti nei confronti di un affiliato responsabile di aver malmenato, senza autorizzazione, un diretto sodale per divergenza sulla custodia di una partita di droga.
Il gruppo criminale avrebbe anche gestito, «in regime di monopolio» affermano gli inquirenti, tutte le piazze di spaccio nei quartieri Japigia e Madonnella, alimentandole con regolarità di cocaina, hashish e marjuana, «utilizzando per lo spaccio al dettaglio una folta rete di spacciatori che si avvalevano di comunicazioni telefoniche criptiche, nonché di numerose e sempre nuove utenze telefoniche intestate in modo fittizio a terze persone».
Nel corso delle indagini sono state arrestate 23 persone ed è stato sequestrato un considerevole quantitativo di sostanze stupefacenti.