È stata usata per la prima volta in Puglia, al Policlinico di Bari, la “machine perfusion” che tiene in attività gli organi prima del trapianto attraverso la perfusione dinamica ossigenata, superando i limiti della conservazione in ghiaccio per permettere di aumentare gli organi idonei e contribuire a ridurre le liste d’attesa.
La machine perfusion è stata usata lo scorso 3 maggio per perfondere due reni di un donatore di 69 anni, deceduto per cause cerebrovascolari a Brindisi. La ricevente, una donna di 56 anni in emodialisi dal 2021, è stata sottoposta al trapianto doppio nel blocco operatorio di Asclepios, ed è in buone condizioni di salute.
A eseguire il trapianto sono stati i chirurghi dell’unità operativa di urologia Michele Tedeschi, Carlos Miacola, Marco Spilotros, Matteo Matera e Gaetano Palella, il prof. Giuseppe Lucarelli e il prof. Michele Battaglia.
La tecnologia sta entrando nella routine dei donatori marginali del centro trapianti di Bari: nelle ultime 48 ore sono stati perfusi altri 4 reni provenienti da due donatori di 81 e 71 anni.
«Grazie a questa nuova apparecchiatura, il centro trapianti di Bari potrà sfruttare un’avanzata tecnologia per il miglioramento della qualità degli organi prima del trapianto, riducendo così i tempi di ischemia e di attesa ed offrendo una risposta concreta a questa rilevante emergenza per la sanità pubblica», spiega Loreto Gesualdo, coordinatore del Centro regionale trapianti.
«L’effetto benefico della perfusione meccanica è la diminuzione del cosiddetto danno da ischemia-riperfusione», sottolinea. «Rispetto alla classica conservazione in ghiaccio, la perfusione dinamica consente la valutazione dell’idoneità funzionale dei reni al trapianto grazie alla misurazione di parametri come le resistenze, il flusso e la pressione», va avanti.
«Il coinvolgimento di ricercatori e biologi ha permesso di effettuare, sul liquido di perfusione, analisi seriate per determinare le concentrazioni di citochine infiammatorie e markers del danno renale prima dell’impianto. La perfusione riduce significativamente il rischio del rigetto e della ritardata ripresa funzionale degli organi», conclude.