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Acquaviva, al Miulli la tirzepatide contro le ipoglicemie gravi: il farmaco utilizzato su una paziente di 40 anni

Per la prima volta, nell’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti, la tirzepatide è stata usata per il trattamento di gravi ipoglicemie refrattarie, episodi cioè non controllabili con i trattamenti convenzionali.

Il farmaco è stato utilizzato nell’Unità operativa complessa di Endocrinologia per trattare una donna di 40 anni, affetta da ipoglicemie severe e ricorrenti dal 2020, dopo un intervento di rimozione totale di stomaco e duodeno, con conseguente necessità di nutrizione parenterale (endovenosa). Nonostante numerosi tentativi terapeutici, le crisi ipoglicemiche continuavano a verificarsi più volte al giorno, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita.

La donna è quindi stata presa in carico dall’Endocrinologia del Miulli, diretta dal professor Sebastio Perrini, docente della scuola di Medicina della Libera università mediterranea (Lum) “Giuseppe Degennaro”.

Durante il ricovero, il team del professor Perrini ha ipotizzato che le ipoglicemie fossero una conseguenza della perdita di ormoni intestinali chiamati incretine, normalmente prodotti da duodeno e intestino tenue. Questi ormoni – il Gip (Gastric Inhibitory Polypeptide) e il Glp-1 (Glucagon-Like Peptide 1) – hanno un ruolo fondamentale: stimolano il rilascio di insulina quando la glicemia sale e, allo stesso tempo, limitano la produzione di insulina quando la glicemia si abbassa, contribuendo a mantenere stabile il livello di zuccheri nel sangue.

Nel caso della paziente, l’assenza di stomaco e duodeno comportava un deficit di Gip e una ridotta secrezione di Glp-1, alterando questo delicato equilibrio ormonale e determinando un’eccessiva risposta insulinica, causa delle ipoglicemie.

Sulla base di questa ipotesi, gli endocrinologi del Miulli hanno introdotto la tirzepatide, un farmaco che agisce contemporaneamente sui recettori di Gip e Glp-1, ripristinando in parte il controllo ormonale mancante. Si tratta di un approccio innovativo che, spiegano dall’ospedale, ha portato fin dalla prima somministrazione a una remissione completa delle crisi ipoglicemiche, con un miglioramento netto del profilo glicemico e della qualità di vita.

«Per questo benessere e per questi risultati devo dire grazie al professor Perrini e a tutta la sua équipe», racconta la paziente: «Un miracolo – prosegue – dopo più di sei anni, ancora non ci posso credere. È fantastico uscire senza portarsi dietro le fiale di glucosio e senza la paura di ipoglicemie continue o di sentirsi male e svenire per strada».

Il caso, spiega il professor Perrini, «dimostra come la comprensione dei meccanismi fisiologici e la flessibilità clinica possano aprire nuove strade terapeutiche. La tirzepatide – sottolinea – potrebbe rappresentare un’opzione promettente anche per pazienti non diabetici e non obesi, con ipoglicemie legate a interventi gastrici o a disturbi dell’assorbimento intestinale».

Il caso è stato descritto sulla rivista scientifica JCEM Case Reports (Oxford University Press) e apre nuove prospettive terapeutiche per i pazienti che, a seguito di interventi chirurgici allo stomaco o al duodeno, sviluppano alterazioni nel controllo del glucosio.

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