Avrebbe compiuto 40 anni il 21 settembre prossimo, Michele Fazio, ucciso per errore durante una sparatoria tra esponenti dei clan mafiosi a Bari vecchia il 12 luglio del 2001.
Michele aveva 15 anni e stava tornando a casa dopo una giornata di lavoro. Ventiquattro anni dopo, come ogni anno, Bari ha voluto ricordare questa vittima innocente della criminalità organizzata in largo Amenduni, proprio nel luogo in cui si consumò l’assassinio.
Il suo papà, Pinuccio, ha ricordato che quello con sua moglie Lella è un «impegno a non dimenticare, a combattere le mafie, per tirare fuori dalle mani dei criminali i giovani e non farli entrare in quelle dinamiche. Questo è il nostro impegno – ha ribadito – girando per le scuole, per le parrocchie. Dobbiamo guardare negli occhi questi ragazzi che hanno tanta voglia di parlare».
Lella Fazio ha ricordato che «quest’anno avremmo dovuto festeggiare i 40 anni di Michele, e non possiamo farlo». Poi si è rivolta alle altre mamme: «A loro dico di collaborare con le forze dell’ordine e la magistratura. Se vogliamo salvare i nostri ragazzi dobbiamo farlo, perché loro ci aiutano ma hanno bisogno di noi».
Lella Fazio ha parlato anche ai mafiosi «che ci ascoltano», dicendo loro che «per questa maledetta droga state rovinando i nostri figli, che per colpa vostra non hanno più un futuro. Vergognatevi».
Il referente di Libera Puglia, don Angelo Cassano, ha evidenziato che «deve rinnovarsi un impegno costante a non abbassare la guardia. È importante riflettere sul fatto che non basta solo combattere le mafie, ma occorre combattere la mafiosità, che sta diventando cultura» e che «il disagio giovanile ci preoccupa perché diventa facile preda delle organizzazioni».
Presente anche il sindaco di Bari, Vito Leccese, che ha sottolineato l’importanza di «far vincere i modelli che si ispirano alla legalità» e che «devono vincere i valori dello stare insieme. La Bari di 24 anni fa era diversa, ma questo non ci deve far abbassare la guardia – ha concluso – perché si vive ancora di illegalità e di spaccio e dobbiamo dire di no a tutto questo».
