Visori 3D e intelligenza artificiale in classe: la sfida del liceo “Marconi” a Bari

Insegnare con la realtà virtuale e i visori 3d. La sfida di integrare le nuove tecnologie nel mondo della scuola è stata colta dall’istituto Tecnico tecnologico e Liceo scientifico “Guglielmo Marconi -Margherita Hack”, a Bari. La scuola secondaria di secondo grado ha aperto le porte delle classi ad un nuovo sistema di realtà aumentata e didattica di ambiente misto.

Si chiama Hybrid Learning Framework, un progetto, inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che si propone l’obiettivo di favorire la costruzione di una comunità di pratiche orientata all’innovazione, al fine di creare esperienze e contenuti da diffondere su scala nazionale. Previsti percorsi formativi per i docenti sulle metodologie didattiche innovative e sull’utilizzo degli spazi di apprendimento, sia fisici che virtuali.

I corsi seguiranno i livelli di padronanza delle competenze digitali delineati nel quadro DigCompEdu. Particolare attenzione sarà dedicata all’uso di tecnologie immersive, come la realtà virtuale e aumentata, per la creazione di compiti autentici, per allineare le competenze dei docenti a livello nazionale e introdurre le ultime tecnologie attraverso il coinvolgimento delle aziende del settore.

«Ogni docente – spiega Elisabetta Porta, responsabile istruzione Italia di Hevolus Innovation – avrà l’opportunità di partecipare attivamente alla community, condividendo esperienze e co-progettando contenuti. I corsi seguiranno le aree di riferimento del quadro DigCompEdu e saranno strutturati per favorire lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti».

La tecnologia consente a docenti e studenti di lavorare in tempo reale su e con oggetti che altrimenti non potrebbero portare in aula, come il motore di un aereo, un cuore o un atomo. L’apprendimento non finisce nell’ambito della lezione, lo stuidente anche a casa potrà interagire, grazie all’intelligenza artificiale, con stumenti innovativi e all’avanguardia. Il sistema apre nuove possibilità per gli insegnanti, all’insegna dell’inclusione.

«L’dea – spiega Imerio Chiappa, presidente della rete Im2A – è quella di condurre i docenti non ad abbandonare la classica didattica, ma innovarsi, cioè fare una didattica che sia più coinvolgente».

Un metodo inclusivo per poter insegnare e dialogare con ragazzi di diversa nazionalità, che hanno poca dimestichezza con la lingua italiana, o con particolari necessità. Gli studenti sono stati entusiasti di un metodo didattico che parla la loro lingua, con strumenti accattivanti e con i quali hanno già dimestichezza

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