Violenze contro il personale medico, interviene Filippo Anelli: «Dobbiamo agire per prevenire»

Continuano le violenze contro il personale medico. Risale allo scorso marzo l’aggressione avvenuta all’ospedale San Paolo di Bari ai danni di una dottoressa in servizio al pronto soccorso che ha riportato un trauma cervicale, con una prognosi di 15 giorni, dopo essere stata schiaffeggiata da una donna. Appena qualche giorno fa, all’Ospedale pediatrico Giovanni XXIII, un altro medico era stato assalito dal padre di un paziente. La Cassazione, con una recente Ordinanza, ha sancito la legittimità del risarcimento del danno biologico per il superlavoro del medico, stabilendo che «il limite dell’orario di lavoro deve coincidere con la tutela della salute, con un alleggerimento dell’onere probatorio in capo al lavoratore».

«Questa decisione della Cassazione è importante – spiega il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli – perché mette in evidenza come i ritmi e gli orari di lavoro dei medici, derivanti dalla carenza di personale, incidano non soltanto sulla qualità dell’assistenza e su quella della vita privata e familiare ma abbiano conseguenze dirette sulla salute. Non si tratta più di una mera rivendicazione contrattuale, ma di una questione di salute e di sicurezza sul lavoro».

«Non dimentichiamo – conclude Anelli, che è anche presidente dell’Ordine dei Medici di Bari- che anche la violenza ha conseguenze sulla salute, immediate ma anche indirette e a lungo termine: eventi cardiovascolari, disturbi post traumatici da stress sono effetti collaterali delle aggressioni, provati dalle evidenze scientifiche e per i quali la stessa Cassazione ha, più volte, riconosciuto un nesso causale. Anche in questo senso chiediamo un intervento, che permetta di applicare pienamente la Legge 113/2020 sulla sicurezza dei professionisti sanitari».

Il presidente esprime poi solidarietà ai medici aggrediti nel barese e sottolinea la necessità di intervenire per prevenire questi atti che «hanno conseguenze sulla salute degli operatori, sulla sicurezza delle cure e sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale, sempre più provato dall’abbandono da parte dei professionisti stremati da condizioni di lavoro intollerabili».

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