Si fa sempre più concreto il rischio per i 206 medici universitari di dover restituire fino a 37 mila euro di stipendi arretrati a causa di un cavillo burocratico. La vertenza, si ricorderà, scoppiò a maggio scorso quando il Policlinico di Bari chiese indietro all’Università di Bari il pagamento delle indennità per assistenza medica liquidato ai docenti universitari per un ammontare di circa nove milioni di euro.
Una voce aggiuntiva in busta paga che secondo i controlli della direzione amministrativa non era dovuta per il triennio 2018-2020 in quanto non inserita nel protocollo fra la stessa università e la regione Puglia.
In questi giorni si sono tenuti diversi tavoli tecnici a cui hanno partecipato il magnifico rettore, professor Stefano Bronzini, e l’assessore alla salute Rocco Palese. La regione Puglia ha chiarito che è disposta a collaborare ed a pagare di tasca propria i nove milioni di euro in luogo dei medici universitari, ma ha posto una precisa condizione all’Ateneo.
L’università di Bari deve trovare una soluzione tecnica e giuridica per rendere legittimo il pagamento trovando una voce diversa dall’indennità di assistenza riconosciuta sin dagli anni 70’ ai medici universitari che svolgono attività clinica negli ospedali. A complicare il quadro c’è anche la legislazione nazionale. L’indennità in questione, infatti, secondo alcune interpretazioni sarebbe contenuta nella legge 517 del ’93, che avrebbe modificato il regime iniziale, ma secondo altre non sarebbe prevista, o quanto meno non spetterebbe più ai medici convenzionati con l’Università. Quest’ultima, dal canto suo, sta esaminando il da farsi considerando che la situazione coinvolge anche altre regioni e che, al momento, non ci sono soluzioni alla portata fra i vari enti coinvolti. Il rischio, invece, è che nella partita intervenga a decisione presa la Corte dei Conti che potrebbe aprire un fascicolo sui nove milioni di euro ballerini e sull’opportunità dell’eventuale compensazione regionale.
L’unica strada percorribile potrebbe essere quella di un decreto statale d’urgenza che stabilisca una regola transitoria per i medici universitari salvaguardando per intero gli stipendi ricevuti. Un vero e proprio casus belli fra bizantinismi e grande incertezza fra i medici universitari, ma soprattutto fra i sindacati.
«Nessuno ci mette al corrente di come sta evolvendo la vertenza», lamenta all’Edicola del Sud Stefano Andresciani della sigla Annao, Assomed, associazione medici dirigenti. Il terreno di scontro, fra l’altro, è molto pericoloso in quanto a rimetterci potrebbero essere gli incolpevoli studenti di medicina che rischiano di finire reali vittime delle proteste dei medici e docenti. Dai banchi della scuola di medicina trapelano sentimenti contrastanti, una velata paura che si alterna alle rassicurazioni fornite informalmente ai tantissimi ragazzi che perdendo una sessione potrebbero rimanere fuori dal concorso di specializzazione previsto subito dopo l’estate.