«Una città che ha dato tanti combattenti e caduti alla Resistenza, città nella quale sorge quale perpetuo monito l’ex mulino Pagano, campo di concentramento per ebrei, simbolo dell’obbrobrio razzista, e che ha concesso la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre, non dovrebbe neppure pensare di dedicare una strada a chi è stato esecutore di oppressione e persecuzione». Lo afferma il presidente dell’Anpi della provincia di Bari, Pasquale Martino, a proposito dell’intenzione dell’Amministrazione comunale di Gioia del Colle, guidata da Giovanni Mastrangelo a capo di una coalizione di destra, di intitolare una strada cittadina a Giorgio Almirante.
La questione è stata al centro di polemiche già nei giorni scorsi, quando la sezione di Gioia dell’Associazione nazionale dei partigiani italiani ha espresso indignazione per una scelta che ritiene «un pessimo segnale non solo perché rappresenta un insulto e una dimenticanza di tutti i nostri concittadini antifascisti che durante la II Guerra mondiale si sono sacrificati e hanno sofferto le imposizioni di un regime squadrista, ma proprio perché tra i promotori di quelle imposizioni vi fu Almirante».
Il presidente dell’Anpi provinciale ricorda che la toponomastica, «in quanto registra e tramanda la memoria storica di una comunità», deve raccogliere nomi di personalità che hanno altamente illustrato la comunità stessa, con meriti indiscussi in ambito civile e culturale, oppure di vittime che sono diventate simbolo di tragedie da scongiurare. «Non basta essere stato capo di un partito politico per assicurarsi un posto d’onore nella memoria pubblica a prescindere dagli atti compiuti», sottolinea l’associazione.
Giorgio Almirante «non ha alcun merito», scrive Martino. «Fascista convinto e razzista oltranzista durante il Ventennio – spiega – è stato segretario di redazione della vergognosa rivista “Difesa della Razza” sulla quale ha scritto articoli che incitavano alla discriminazione e persecuzione degli ebrei. Dopo l’8 settembre 1943 aderì all’estremo e feroce regime della Rsi al servizio dell’occupante nazista, e in quanto capo di gabinetto del ministero della cultura popolare firmò un bando che dispose la fucilazione per i partigiani che non si fossero arresi e consegnati. È lecito dubitare che di tutto ciò egli si sia pentito, dato che del fascismo fu sempre ammiratore e nostalgico. Nei primi anni ’70, mentre l’Italia era scossa dalle stragi dell’estremismo nero, i cui esponenti in molti casi avevano un rapporto di stretta contiguità con il partito di Almirante, questi ebbe occasione di elogiare pubblicamente il regime dei colonnelli greci e di indicarlo come “soluzione” ai conflitti sociali che interessavano il nostro Paese. Almirante non contribuì a salvare la democrazia italiana, che fu salvata solo dalla unità antifascista vincente nella società, a cui egli era estraneo e avverso. Né la sua visita al feretro di Enrico Berlinguer, la cui morte fu avvertita dall’Italia come un lutto nazionale, può costituire giustificazione o assoluzione».
L’Anpi rivolge all’Amministrazione comunale di Gioia del Colle «l’accorata richiesta di un ripensamento» rendendosi «disponibile a ragionare con l’Amministrazione per contribuire costruttivamente al disegno di arricchimento della memoria cittadina attraverso l’intitolazione di luoghi e la valorizzazione di essi, a partire dall’ex mulino Pagano».