Torna la liquidazione per assessori e consiglieri regionali. Come più volte annunciato la casta pugliese ha deciso di reintrodurre il beneficio equiparando gli eletti ai lavoratori pubblici e privati, ma soprattutto allineando la Puglia al resto delle Regioni (quattro quelle rimaste senza) dov’è previsto l’assegno di fine mandato. L’operazione, tuttavia, sarà alla luce del sole, nessun blitz come avvenne a luglio 2021 quando l’aula all’unanimità diede l’ok di soppiatto alla reintroduzione della liquidazione sotto forma di emendamento al bilancio approvato con voto segreto. Un testo poi cancellato a furor di popolo due mesi dopo a seguito anche di una ferma presa di posizione del governatore Emiliano.
L’altro ieri il Tfm è rispuntato in aula in una proposta di legge a firma dei capigruppo di maggioranza. Primo firmatario il capogruppo Pd Filippo Caracciolo, a seguire il Cinque Stelle Marco Galante e i civici Mauro Vizzino, Giuseppe Tupputi, Saverio Tammacco e Francesco Lanotte. Il meccanismo della liquidazione prevede un assegno in media di circa 30mila euro come buonuscita dopo la fine della legislatura. In particolare il calcolo si ottiene moltiplicando una mensilità da circa 7mila euro lordi al netto di una ritenuta del 24%. In soldoni, chi ha fatto una legislatura porterà a casa 26.200 euro, 53.200 euro per due e ben 78.600 euro per chi ha collezionato tre mandati.
Occhio, però, al trucco infilato nel testo. Il Tfm pugliese sarà retroattivo e lo intascheranno anche gli eletti in carica durante l’era Vendola, parliamo del primo gennaio 2013 e quindi di 69 fra consiglieri e assessori regionali. Non a caso la spesa prevista per il 2023 è di ben 3,7 milioni di euro sul bilancio del Consiglio regionale, somma che poi scende a 310mila euro per il 2024 e il 2025. L’unico meccanismo nuovo introdotto è la ritenuta fissa del 24% che può essere inquadrato nell’ottica del risparmio.
Di certo stavolta il provvedimento seguirà l’iter istituzionale tradizionale con l’esame in prima e settima Commissione per poi essere approvato in via definitiva dall’Aula. I sostenitori della proposta ribadiscono che la Regione Puglia non può rappresentare un unicum a danno dei consiglieri, soprattutto per chi ha un lavoro autonomo o dipendente in aspettativa con il blocco degli accantonamenti del Tfr. I contrari contestano il fatto che sarebbe l’ennesimo “privilegio” economico in una fase di sacrifici e crisi economica per i cittadini. Dirimente sarà la posizione del centrodestra che non ha firmato la proposta di legge, sicché il testo rischia di essere affossato se la maggioranza dovesse dividersi.
Fatto sta che, quando fu abolita la liquidazione, la Regione Puglia scelse una linea molto sobria. Fu tra le prime, nel 2012, ad adeguarsi alla famigerata spending-review varata dall’allora governo Monti che impose al Parlamento e ai Consigli regionali di rinunciare ai vitalizi, tagliare stipendi e numero di eletti oltre al trattamento di fine mandato, tanto che, oltre alla liquidazione e ai vitalizi, la Puglia intervenne sugli eletti approvando immediatamente la riduzione del numero dei consiglieri da 70 a 50.