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Mutui, oltre un miliardo di rate non pagate. Pugliesi strozzati da tassi e inflazione

In Puglia e Basilicata sono un miliardo e 65 milioni le rate non pagate. Poco meno della metà, 461 milioni, per le difficoltà delle famiglie sui mutui, mentre a 322 milioni per il credito al consumo e 285 per altre tipologie di prestiti. È quanto emerge dall’elaborazione di Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, sulla…

In Puglia e Basilicata sono un miliardo e 65 milioni le rate non pagate. Poco meno della metà, 461 milioni, per le difficoltà delle famiglie sui mutui, mentre a 322 milioni per il credito al consumo e 285 per altre tipologie di prestiti. È quanto emerge dall’elaborazione di Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, sulla base dei dati della Banca d’Italia. Quella che emerge è una fotografia delle difficoltà delle famiglie a sostenere il rialzo dei tassi dell’ultimo anno messo in atto dalla Bce per frenare l’inflazione. Soprattutto per quanto riguarda i mutui variabili.

Sul piano territoriale, i dati sul credito deteriorato divisi per regione sono sostanzialmente sovrapponibili al quadro demografico del Paese: è la Lombardia, con 2,6 miliardi di euro, la regione nella quale si concentra l’ammontare più alto di finanziamenti ammalorati, seguita da: Lazio 2 miliardi, Campania 1,4 miliardi, Sicilia 1,2 miliardi, Puglia e Basilicata 1 miliardo e 65 milioni insieme, Veneto 1 miliardo e 27 milioni, Piemonte e Valle d’Aosta 984 milioni insieme, Emilia Romagna 983 milioni, Toscana 973 milioni, Calabria 418 milioni, Marche 390 milioni, Abruzzo e Molise 372 milioni insieme, Liguria 361 milioni, Sardegna 318 milioni, Trentino Alto Adige 239 milioni, Umbria 226 milioni, Friuli Venezia Giulia 222 milioni.

In tutto sfiora i 15 miliardi di euro il totale delle rate non pagate da quasi un milione di famiglie italiane. “Le difficoltà delle famiglie riguardano soprattutto i mutui a tasso variabile – emerge anche dallo studio – particolarmente colpiti dall’aumento del costo del denaro portato dallo 0 al 4% in 11 mesi: questa categoria di prestiti immobiliari vale in totale circa 140 miliardi e rappresenta un terzo del totale di 425 miliardi erogati”. «È ormai evidente che l’azione della Banca centrale europea per contrastare l’inflazione non sta generando i frutti sperati – afferma Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi-. I prezzi non calano significativamente e l’aumento così veloce del costo del denaro sta provocando un rialzo dei tassi di interesse su prestiti e mutui che mette in difficoltà sia le famiglie sia le imprese. La Bce ha già preannunciato di portare il tasso base al 4,25% il prossimo 27 luglio. Noi speriamo in un ripensamento e, comunque, ci auguriamo che tutte le prossime decisioni siano assunte con maggiore cautela da parte della Banca centrale europea. Quanto alle iniziative delle banche per dare respiro alle famiglie, occorre dire con chiarezza che qualsiasi decisione deve essere presa senza ansia e soltanto dopo una adeguata valutazione. Va sfruttata, per ricevere giusti consigli e per essere orientati a compiere scelte consapevoli, anche la competenza e la professionalità di tutte le lavoratrici e i lavoratori delle banche, molti dei quali affrontano, personalmente, problemi identici a quelli della clientela. In particolare, va detto che lo spalma-mutui non è privo di rischi né è un’operazione a costo zero. L’allungamento del piano di rimborso di un mutuo a tasso variabile, infatti, comporta un maggior ammontare di interessi da pagare alla banca oltre al fatto che ci si pregiudica la possibilità di poter beneficiare, nel medio-lungo periodo, di un’auspicabile riduzione dei tassi d’interesse». Sembrano non esserci, dunque, vie d’uscita percorribili per i cittadini in difficoltà.

Nei casi in cui una banca decide di proporre una soluzione di allungamento dei piani di rimborso del prestito, dalla Fabi invitano a fare particolare attenzione. “Il rischio – sottolineano – è che la modifica del piano di ammortamento per l’allungamento del presto equivalga a un ritardo nel pagamento del debito e se questo avviene il debitore viene classificato in default con conseguenze per la banca e per la clientela, con difficoltà di accesso a nuovo credito”.

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