Esce con le ossa rotta la Regione Puglia nella battaglia giudiziaria contro le trivellazioni petrolifere. Una crociata lanciata dal 2015 che ora a distanza di anni si rivela perdente ed economicamente svantaggiosa. Oltre al danno, insomma, la beffa materializzata in un debito fuori bilancio approvato dalla Giunta per 38.727 euro da pagare al Northern Petroleum, multinazionale energetica dopo una serie di ricorsi e controricorsi durati ben sei anni.
Ma andiamo con ordine, la Northern nel 2018 ottenne dal primo governo Conte quattro permessi contigui di ricerca di petrolio a ridosso della costa pugliese in un raggio di oltre 750 km, da Bari fino al Capo di Leuca. Contro le autorizzazioni la Regione Puglia dichiarò guerra avviando una dura battaglia legale. Il primo ricorso fu depositato al Tar Puglia per contestare il superamento dell’estensione massima dell’area di ricerca di idrocarburi superiore ai 750 km. All’epoca si costituirono in giudizio i quattro Ministeri e la Presidenza del Consiglio che avevano approvato le prospezioni, in particolare: Ambiente, Beni culturali, Turismo e Sviluppo economico. I tre dicasteri eccepirono l’inammissibilità e l’infondatezza nel merito del ricorso in quanto lo stato ha competenza esclusiva in materia energetica. La controinteressata Global Petroleum Limited, invece, propose ricorso per competenza dinanzi al Consiglio di Stato che effettivamente riconobbe che competente in materia era il Tar Lazio. La Puglia propose quattro distinti ricorsi contro ognuno dei permessi lamentando la violazione della legge statale in materia. In particolare l’indagine geologica, geochimica e geofisica eseguita con qualunque metodo e mezzo avrebbe calpestato i divieti e portato ad eccesso di potere da parte del governo. E ciò in quanto la ratio di tutela ambientale impone il limite di superficie per evitare che attività ad elevato impatto come l’utilizzo della tecnica dell’air-gun possano estendersi al di là di una ragionevole misura, sia in relazione alla finalità di garanzia della concorrenza compromessa nel caso in cui si attribuisca a un unico soggetto una sorta di favor.
I ricorsi sono stati accorpati ma sia il Tar Lazio in primo grado che il Consiglio di Stato in secondo hanno dato ragione alla Global. La società è andata tranquillamente avanti nella perforazione della costa e nel prelievo di petrolio e in premio sta per ricevere la liquidazione del risarcimento regionale: nell’ordine 3.500 euro l’una per le sentenze di condanna del Tar e 20mila euro per la sentenza del Consiglio di Stato che ha riunito i ricorsi tutti soccombenti. Un monito, forse, su future iniziative legali da intraprendere che, come dimostra questa storia, forse andrebbero evitate in partenza.