Taranto, rinviata ancora una volta l’assemblea di Acciaierie d’Italia

Nuova fumata nera e nuovo aggiornamento, il terzo in pochi giorni, per l’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia, la società mista pubblico-privata che gestisce in affitto gli stabilimento dell’ex Ilva.

Secondo quanto trapelato, la seduta di ieri è stata nuovamente rinviata (al 16) perché i soci, ArcelorMittal, il colosso francoindiano della siderurgia, che è socio di maggioranza detenendo circa il 60 per cento delle azioni e Invitalia, socio pubblico di minoranza (poco al di sotto del 40 per cento), non hanno trovato un accordo sulla ricapitalizzazione della società per rilanciare il siderurgico.

Se da un lato, col decreto Aiuti, il governo ha messo sul tavolo un miliardo di euro per la riconversione degli impianti, dall’altro ha chiesto ai soci, secondo fonti accreditate, la ricapitalizzazione di un miliardo. Mittal, secondo quanto trapelato, non sarebbe disponibile a versare in cassa più di 600 milioni di euro, giacché sostiene di aver già investito 1,8 miliardi nel 2017. Sfumata, almeno per ora, la possibilità di un accordo su questi presupposti.

La trattativa è particolarmente complessa e probabilmente necessiterà diverso tempo prima di essere risolta. Il tempo non gioca a favore. L’azienda è alle prese con gravi problemi di liquidità e per questo a fine novembre il management ha messo alla porta 145 aziende dell’indotto e con loro più di duemila lavoratori, ora a rischio cassa integrazione o peggio licenziamento.

I sindacati hanno chiesto al governo di prendere in mano la guida dello stabilimento, o attraverso un riequilibrio della governance, cioè un aumento del capitale pubblico passando in maggioranza, o con una manovra più drastica: escludere del tutto il socio privato. L’ipotesi della integrale statalizzazione del gruppo siderurgico, che a Taranto gestisce l’acciaieria più grande d’Europa, tuttavia, nei giorni scorsi è stata esclusa dal ministro per le Imprese Adolfo Urso, che ha ribadito l’intenzione del governo di restare socio di minoranza di un’azienda guidata dai privati.

Resta intanto difficile la crisi dell’indotto, dopo la sospensione sino a metà gennaio delle imprese decisa da Acciaierie d’Italia. Anche l’appalto è in sofferenza. Gli imprenditori, specie i titolari delle aziende che lavorano in esclusiva col siderurgico, lamentano da tempo fatture non pagate (il debito dello stabilimento si aggira intorno ai cento milioni di euro) e gravi difficoltà ad andare avanti. Non c’è stato giorno che ai sindacati non siano arrivate richieste di cassa integrazione ordinaria da parte delle imprese per tutti i loro dipendenti. Sono già una trentina le aziende che hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali. A questo si aggiunge la preoccupazione per gli stipendi di novembre e le tredicesime.

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