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Taranto, prende il Covid in ufficio: l’Inail gli riconosce pensione e ristoro

È malattia professionale il Covid contratto dal dipendente sul posto di lavoro. La malattia dà diritto al riconoscimento dell'infortunio da parte dell'Inail e di una pensione. Viene da Taranto uno dei primi casi in cui l'Inail riconosce l'eziologia tra infezione da Covid e espletamento dell'attività lavorativa. Il provvedimento è stato richiesto dall'avvocato Fabrizio Del Vecchio,…

È malattia professionale il Covid contratto dal dipendente sul posto di lavoro. La malattia dà diritto al riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Inail e di una pensione.

Viene da Taranto uno dei primi casi in cui l’Inail riconosce l’eziologia tra infezione da Covid e espletamento dell’attività lavorativa. Il provvedimento è stato richiesto dall’avvocato Fabrizio Del Vecchio, a tutela di un dipendente pubblico di 52 anni che si è ammalato di Covid sul posto di lavoro e per mesi ha patito le conseguenze dei gravi sintomi che il virus gli ha causato.

In particolare, su richiesta dell’avvocato, l’Inail ha riconosciuto quale infortunio sul lavoro l’infezione contratta dal dipendente durante l’attività lavorativa a contatto con pubblico (si tratta nel caso specifico di uno sportellista) e così l’istituto ha riconosciuto al lavoratore un lungo periodo di malattia, circa 7-8 mesi nel 2020 e anche la rendita, cioè una pensione vita natural durante per le conseguenze dell’infortunio.

«Si tratta di uno dei primi casi in cui l’Inail riconosce il Covid come malattia professionale perché contratto a contatto col pubblico di uno sportello aperto all’utenza» commenta l’avvocato Del Vecchio. «Il provvedimento è destinato a diventare un riconoscimento importante, un autentico precedente perché tutela tutti coloro i quali, con la prossima ondata di contagi, saranno esposti al rischio Covid. Penso ad esempio a cassieri dei supermercati, bancari, dipendenti postali e di ogni altro ufficio aperto al pubblico».

Anche i sindacati negli ultimi tempi si stanno muovendo sul tema a tutela dei lavoratori, anche nei settori privati. Chiunque si sia ammalato di Covid sul luogo di lavoro ha tre anni di tempo per denunciarlo come infortunio sul lavoro. Avendo conservato i relativi documenti che provino la positività (il certificato del tampone) e la malattia (il certificato medico), anche chi lo ha contratto nel 2020 e non lo ha denunciato come infortunio ha ancora la possibilità di farlo.

La Cgil, ad esempio, attraverso il suo patronato Inca, nelle ultime settimane in cui i numeri dei contagi sono tornati a far preoccupare, ha invitato tutti i lavoratori che si sono contagiati sul posto di lavoro a denunciare l’infortunio perché non si tratta di una semplice malattia. Così, spiegano dal sindacato, il tempo di assenza per malattia non incide e il lavoratore conserva il suo posto anzichè rischiare il licenziamento per giusta causa. In casi di così detto long Covid, inoltre, si ha diritto alle spese, pagate da Inail, per i postumi del virus, psicologici, cardiaci, respiratori, quando sia dimostrata l’inabilità temporanea al lavoro. Secondo Inca-Cgil anche il contagio nel viaggio casa-lavoro sui mezzi pubblici può essere denunciato come infortunio sul lavoro.

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