Sviluppo sostenibile: la Puglia è ok su salute, energia e giustizia. Male povertà, istruzione e biodiversità

La Puglia è tra le sei regioni d’Italia che registrano la tendenza di crescita maggiore per quanto concerne gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030. È quanto emerge dal terzo Rapporto sui Territori dell’ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo sostenibile, che ha analizzato l’andamento di regioni, province e città metropolitane rispetto ai 15 “Goal” dell’Agenda delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

Sono 7 i gli obiettivi che, tra il 2020 e il 2021, hanno registrato un andamento positivo: alimentazione e agricoltura, salute, parità di genere, energie rinnovabili, infrastrutture e innovazione, produzione e consumo responsabili, giustizia e istituzioni. Quattro sono, invece, gli ambiti che peggiorano (povertà, istruzione, città sostenibili e biodiversità) mentre tre sono quelli che rimangono sostanzialmente invariati (acqua pulita, lavoro e crescita economica, disuguaglianze).

Per quanto riguarda, ad esempio, la salute, in Puglia è aumentato il numero di medici, mentre si sono ridotte le persone che fanno abitualmente uso di alcol (-6,7%). Riguardo la parità di genere, invece, tra il 2012 e il 2021 è aumentata del 9,4% la quota di donne presenti in Consiglio regionale e del 4,7% l’occupazione femminile, anche se sono peggiorati il part-time involontario e il divario retributivo di genere (-2,2% tra il 2010 e il 2020). Altro “Goal” in miglioramento è quello relativo all’energia pulita: tra il 2012 e il 2020 è aumentata, anche se limitatamente, la quota di energia da fonti rinnovabili (+7,5%) ed è migliorata l’efficienza energetica (+21,8%).

Una situazione negativa si rileva invece per povertà, istruzione, città e comunità sostenibili e vita sulla terra. È aumentata, infatti, la povertà relativa familiare (+11,5%) e quella assoluta a livello ripartizionale (+8,7%). Tornano inoltre ad aumentare le persone che vivono in case con problemi strutturali. La Puglia registra tra i più bassi livelli d’istruzione: diminuiscono le persone che leggono libri e giornali (-5,8%) e peggiorano le competenze alfabetiche e matematiche degli studenti. Tra il 2010 e il 2020 è inoltre aumentato l’abusivismo edilizio (+17,7%), ma nell’anno del lockdown si è registrata un’incidenza di verde urbano pari al 3,3%, uno dei valori più bassi d’Italia.

La situazione rimane sostanzialmente invariata per quel che riguarda acqua pulita e servizi igienico-sanitari (perché peggiora l’efficienza delle reti di distribuzione), lavoro e crescita economica (aumentano il part-time involontario e la quota di Neet (coloro che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione) e disuguaglianze (diminuisce l’occupazione giovanile di 6,2 punti percentuali).

Se si guarda alle singole province, si può notare come, per quanto riguarda istruzione, parità di genere, lavoro, infrastrutture, città e comunità ecosostenibili e vita sulla terra, queste presentino una certa uniformità di posizionamento. La collocazione negativa del primo Goal è spiegata dalla minore quota di diplomati registrata ovunque, mentre quella del secondo obiettivo colloca i territori al di sotto della media nazionale a causa di un basso tasso di occupazione femminile. Stesso discorso vale per il tema della disuguaglianze, il cui svantaggio è determinato soprattutto dal ridotto tasso di occupazione giovanile.

Per il resto degli obiettivi dell’Agenda 2030, le province pugliesi evidenziano una posizione eterogenea. Per la salute vanno male Taranto, Bat e Brindisi, mentre a Bari c’è una maggiore disponibilità di medici e posti letto. Per l’energia, invece, il Tarantino si attesta al di sotto della media nazionale a causa di un consumo di energia elettrica pari quasi al doppio di quello nazionale, al contrario di Foggia dove c’è un’ampia produzione di elettricità da fonti rinnovabili. Per città e comunità sostenibile, quelle che si posizionano peggio sono Lecce e Bat a causa della ridotta offerta di verde urbano e trasporto pubblico. Il capoluogo daunio e Taranto, infine, registrano un ritardo nell’economia circolare dovuto a una minore quota di raccolta differenziata.

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