Superbonus, Ance Puglia lancia l’allarme: «Molti condomìni rinunceranno»


«Un settore paralizzato a causa del corto circuito dei crediti, ormai bloccati da mesi nei cassetti fiscali delle aziende. Un’agevolazione, quella del superbonus, che a partire dalla revisione 2.0 non fa più gola a nessuno, committenti e imprese». Ad affermarlo è Nicola Bonerba, presidente Ance Puglia.

Presidente, qual è il sentiment della categoria rispetto all’adeguamento del super bonus?

«Considerando il momento storico che stiamo vivendo, è chiaro che depotenzierà il settore. Finalmente, dopo tante limature, si era riusciti a collaudare il tutto almeno dal punto di vista delle semplificazioni burocratiche. Passare da un “rimborso” del 110 al 90 mette in difficoltà la stessa misura. Poi bisogna aggiungere l’inflazione che corre e le materie prime che scarseggiano. In queste condizioni molti condomini si tireranno fuori e rinunceranno agli interventi programmati».

Sarà un’occasione persa?

«Sì, soprattutto per quella parte di patrimonio immobiliare che più aveva bisogno di essere riqualificato. Tuttavia è necessario specificare che il trend ha sempre evidenziato che il superbonus è stato utilizzato nella quasi totalità dei casi per l’efficientamento energetico di case unifamiliari o indipendenti. I dati di fine novembre indicano che su 21.400 interventi appena 1.700 hanno interessato condomìni. In generale le tante difficoltà hanno mandato in corto circuito l’iniziativa che è comunque premiante. Basti pensare che abbiamo solo il 2 per cento di patrimonio immobiliare nuovo, il restante 98 è obsoleto e va recuperato in qualche modo»

Anche le imprese al momento sono in difficoltà?

«Il meccanismo della cessione dei crediti è inceppato. Abbiamo tantissime aziende che si sono affannate per chiudere i lavori e adesso hanno i crediti fermi nei cassetti fiscali, questo le espone economicamente. Qualora si ha la forza di avere un plafond dedicato da un istituto, oggi il potere contrattuale di cessione si abbassa di circa il 20 per cento perché la base di partenza è più bassa. L’unica alternativa al deprezzamento sarebbe portare il credito in detrazione in 10 anni ma non è una soluzione sostenibile. Ormai il superbonus è una misura che non affascina più».

Cosa bisogna aspettarsi?

«Un primo campanello d’allarme è l’alta richiesta di rateizzazione del Durc con la cassa edile. Poi c’è il rischio che i cantieri restino aperti ancora per molto tempo».

Può spiegare meglio?

«Già sta accadendo che molte imprese, per mancanza di liquidità hanno difficoltà nel mandare avanti i cantieri. Per tutti gli altri si avrà la difficoltà ad iniziare i lavori. In alcuni casi sono costrette a fermare tutto lasciando anche le impalcature montate, in attesa che qualcosa si sblocchi. Ci sono state segnalazioni di cittadini rimasti senza ringhiere perché l’impresa, dopo averle smontare e smaltite, si era resa conto che non aveva la possibilità di acquistarle, come da contratto».

Quindi il 2023 sarà l’anno dello stallo per l’edilizia?

«I dati della cassa edile del 2022 segnalano numeri in salita. In particolare abbiamo avuto una massa salariale di 220 milioni, è stato fatto di meglio solo nel 2009. Simili performance non potranno essere confermate. Bisogna comunque valutare che quest’anno sarà concluso quanto aperto, in termini di Cilas, fino al 25 novembre scorso. Un effetto vela sicuramente ci sarà almeno nei primi mesi. Poi abbiamo tutto quello che ci porterà il Pnrr e questo non va sottovalutato. Con il Piano di ripresa e resilienza il meridione farà da padrone. La Puglia ha fatto numeri pazzeschi con i progetti presentati. Per quanto riguarda la realizzazione non è detto che toccherà alle imprese locali ma è anche vero che, nella logica del chilometro zero, l’indotto sarà notevole».

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