Sono quasi tre gli anni necessari ad un Comune del Sud per completare una infrastruttura sociale. Le carenze d’organico scavano un solco tra le amministrazioni locali, con quasi un dipendente in meno ogni mille abitanti da Roma in giù (4,5 impiegati contro valori di 6,3 e 5,6 rispettivamente del Centro e del Nord).
Sono solo alcuni dei numeri emersi dall’ultimo report dello Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, dal titolo “I Comuni alla prova del Pnrr” curato da Serenella Caravella, Carmelo Petraglia e Gaetano Vecchione. Il rischio è che i fondi del Piano che dovrebbe rilanciare l’economia del Paese, uscito spezzato dalla pandemia, non vengano intercettati nell’area del Paese che ne ha più bisogno, perlomeno per i 40 miliardi che vengono assegnati tramite bandi agli enti locali.
Nei mesi di ottobre e novembre 2022 è stato somministrato un questionario semi-strutturato ai responsabili delle procedure legate al Piano di 600 Comuni italiani, metà dei quali meridionali. La principale motivazione indicata nel caso di mancata partecipazione all’indagine riguarda “la complessità dei bandi e le scadenze stringenti”: solo il 37% dei Comuni del Mezzogiorno ritiene agevole, o molto agevole, la partecipazione ai bandi, contro il 43% rilevato nel Centro-Nord. Chi ha risposto ha restituito la fotografia di due italie che viaggiano a distinta velocità e che il Pnrr, almeno nelle intenzioni, vorrebbe riavvicinare.
Il taglio della forza lavoro negli enti locali è il tema dirimente ed ha radici antiche. Tra il 2008 e il 2019 il rapporto tra personale dei Comuni delle Regioni a statuto ordinario e popolazione si è ridotto del 20,9% nel Centro-Nord e addirittura del 33,5% nel Mezzogiorno. Nel frattempo l’età media dei lavoratori si è alzata ma, anche in questo caso, in maniera differente in base al territorio: La percentuale di personale under 40 dei Comuni è passata dal 22,5 al 10,2% nel Centro-Nord e dall’8,2 al 4,8% nel Sud. A questo si aggiunge l’impreparazione di molti dipendenti ad affrontare i temi cardini dei progetti del Pnrr, a cominciare dalla transizione digitale: nel 2019, solo il 21,2% del personale del Mezzogiorno era in possesso del titolo di laurea, contro il 28,9 del Centro-Nord. Tutto ciò si traduce in tempi più lunghi per la realizzazione dei progetti.
Nel caso delle infrastrutture sociali prese ad esempio dallo studio dello Svimez, si va da 2 anni e dieci mesi per il completamento nel Mezzogiorno a un anno e cinque mesi nel Nord-Ovest. Esattamente la metà. È particolarmente interessante notare che il ritardo riguarda soprattutto le gare di valore fino a un milione di euro, come gran parte di quelle relative al Pnrr. «I ritardi rispetto alla media nazionale – si legge nello studio – sono sensibilmente elevati per la fase di pre-affidamento e affidamento, dove complessivamente si impiegano circa 29 contro circa 24 mesi medi nazionali; rispetto al Nord-Ovest il ritardo del Sud arriva a oltre un anno. Solo marginalmente i ritardi investono invece la fase di esecuzione».
Gli studiosi hanno analizzato anche gli effetti del decreto di febbraio, approvato dal governo proprio per semplificare e velocizzare le tempistiche di realizzazione delle opere. «Oltre che innovare radicalmente la governance del Piano – sottolineano nel dossier – ha introdotto diverse azioni di semplificazione delle procedure per accelerare i tempi di attuazione e conclusione degli interventi. In materia di risorse umane, il provvedimento è intervenuto opportunamente per favorire la stabilizzazione dei tecnici assunti a tempo determinato nelle amministrazioni centrali e locali per l’attuazione del PNRR e delle politiche di coesione. Resta ancora in buona parte inevasa la questione del rafforzamento degli organici, soprattutto per gli enti territoriali, per i quali le misure si sono limitate, per ora, a consentire nuovi inserimenti di dirigenti». Un aspetto quest’ultimo davvero importante se si tiene conto che la spesa pro capite per il personale dei Comuni non si è contratta in maniera omogenea sul territorio nazionale ma del 16,6% nel Centro-Nord (passando da 302 a 248 euro) e del 26,8% nel Mezzogiorno (con una riduzione da 291 a 217 euro). Colpisce che, nonostante tutto, tra i Comuni con meno di 30.000 abitanti, risulta una partecipazione ai bandi Pnrr mediamente più alta al Sud, per quanto con un tasso di aggiudicazione più contenuto.