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Stop alla giungla edilizia, in arrivo un codice unico per Comuni e Regioni

È una giornata chiave per il settore delle costruzioni: il Consiglio dei ministri si prepara a varare il disegno di legge delega che darà vita al nuovo Codice dell’edilizia, destinato a sostituire il «Testo unico del 2001» e a riscrivere regole, procedure e tempi del comparto. L’obiettivo è dichiarato: snellire la burocrazia, uniformare norme oggi…
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È una giornata chiave per il settore delle costruzioni: il Consiglio dei ministri si prepara a varare il disegno di legge delega che darà vita al nuovo Codice dell’edilizia, destinato a sostituire il «Testo unico del 2001» e a riscrivere regole, procedure e tempi del comparto. L’obiettivo è dichiarato: snellire la burocrazia, uniformare norme oggi frammentate tra Comuni e Regioni e accelerare l’avvio dei cantieri. Un provvedimento che punta su semplificazione, digitalizzazione e certezza dei tempi, ma che apre anche fronti di confronto politico, dalla gestione degli abusi alla norma che l’opposizione ha ribattezzato «Salva-Milano».

La riforma

Il cuore della riforma è il superamento della «giungla normativa» attuale. Il ddl delega prevede requisiti minimi validi su tutto il territorio nazionale anche per i Comuni senza strumenti urbanistici e la creazione di un unico punto di accesso digitale per ogni pratica edilizia. Sarà vietato chiedere ai cittadini documenti già presenti nelle banche dati pubbliche, un cambiamento che nelle intenzioni del Governo dovrebbe ridurre rallentamenti e duplicazioni.

Gli obiettivi

Il nuovo Codice punta anche sui tempi certi: scadenze più rigide per le autorizzazioni, meccanismi di silenzio-assenso o silenzio-devolutivo in caso di inerzia amministrativa e poteri sostitutivi per evitare blocchi prolungati. Novità rilevanti arrivano anche sui cambi di destinazione d’uso, che verranno semplificati quando non comportano aumento del carico urbanistico, seguendo il principio dell’indifferenza funzionale nei tessuti già consolidati.

I dubbi

Il nodo più delicato resta quello dei condoni. Il testo introduce una razionalizzazione delle irregolarità realizzate prima del 1967, con procedure più snelle per gli abusi storici. Ma a far discutere è soprattutto la disposizione che consente deroghe agli strumenti urbanistici per edifici d’interesse pubblico o per progetti di rigenerazione: un punto che, secondo i critici, potrebbe trasformarsi in una sanatoria implicita per alcune inchieste edilizie in corso a Milano. Il Mit, in una nota, smentisce ogni ipotesi di intervento sugli abusi del passato e parla di «norme necessarie per restituire chiarezza e garantire il pieno esercizio del diritto di proprietà», frutto di un’ampia consultazione con operatori e territori. Sul fronte del lavoro, però, il settore lancia un allarme: secondo Fondazione Geometri Italiani, la filiera «Costruzioni e infrastrutture» avrà bisogno tra il 2025 e il 2029 di 226mila-271mila nuovi tecnici specializzati, con tassi di fabbisogno annuo superiori alla media industriale. Ma l’offerta formativa non tiene il passo: negli istituti tecnici «Cat» mancano ogni anno tra 6mila e 32mila diplomati, mentre anche le lauree professionalizzanti Lp-01 non producono ancora un numero adeguato di profili.

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