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Stop ai buoni pasto: è blocco per 24 ore. Gli esercenti: «Rendere il servizio sostenibile»

Bar, ristoranti e supermercati non accetteranno pagamenti tramite buoni basto per le prossime ventiquattro ore. Commissioni troppo alte (il 20%) e pagamenti eccessivamente dilazionati nel tempo (120 giorni in media) rischiano di rendere il sistema dei ticket non più sostenibile. La protesta è coordinata dalle principali associazioni di categoria della distribuzione e del commercio: Fiepet-Confesercenti,…

Bar, ristoranti e supermercati non accetteranno pagamenti tramite buoni basto per le prossime ventiquattro ore. Commissioni troppo alte (il 20%) e pagamenti eccessivamente dilazionati nel tempo (120 giorni in media) rischiano di rendere il sistema dei ticket non più sostenibile. La protesta è coordinata dalle principali associazioni di categoria della distribuzione e del commercio: Fiepet-Confesercenti, Fida e Fipe-Confcommercio, Ancd Conad, Ancc Coop e Federdistribuzione.

«Il nostro obiettivo è sensibilizzare i lavoratori e più in generale i consumatori sulle gravissime difficoltà che le nostre imprese vivono quotidianamente a causa delle commissioni molto elevate che dobbiamo pagare sui buoni pasto – spiega Nicola Pertuso, Presidente della Fipe Bari-Bat – Parliamo di una vera e propria tassa occulta che supera anche il 20% del valore del buono».

I buoni pasto sono mezzi di pagamento molto utilizzati dalle aziende sia pubbliche che private. Esercizi convenzionati, bar e ristoranti, ma anche molti supermercati li accettano come forma di pagamento sostitutiva. Il rimborso, poi, arriva dalle aziende che li hanno emessi che evitano così i costi della gestione di una mensa interna. Inoltre sono deducibili dal reddito d’impresa. Per i dipendenti invece sono un vantaggio perché il buono è esente da tassazione se entro i 7 euro. Liberi professionisti e lavoratori autonomi possono dedurre dal reddito il 75% del valore del buono pasto, con Iva detraibile al 10% e fino al 2% del fatturato. Oltre a dover sottostare a precise regole di utilizzo, la normativa prevede che i ticket godano di una tassazione di favore, con la previsione di una soglia giornaliera esclusa da contributi e tasse.

«La gestione dei buoni per i pubblici esercizi sta diventando insostenibile, come avevamo già segnalato al Governo. – aggiunge Raffaella Altamura, presidente della Confesercenti di Bari – Si finisce per scaricare il risparmio della Pubblica amministrazione sulla distribuzione commerciale. Un buono da otto euro in un bar o in un supermercato si trasforma in un incasso di poco più di sei euro. Una volta scalati anche gli oneri di gestione (conteggio, spedizione, pos) e quelli finanziari alla fine si registra un deprezzamento del 30%: ogni 10mila euro di buoni incassati, gli esercizi convenzionati perdono circa 3mila euro». Perdite che si vanno ad aggiungere a quelle provocate dall’attuale situazione di crisi energetica e aumento dell’inflazione. «I pubblici esercizi sono tra quelle attività commerciali che in questo periodo stanno subendo maggiormente i rincari dell’energia elettrica – prosegue Altamura – un bar o un supermercato non possono fare a meno o ridurre la corrente per far funzionare i macchinari, con gli aumenti i ricavi diventano sempre più esigui».

Il meccanismo dei buoni è influenzato in larga parte anche dagli sconti ottenuti dalla Consip (la centrale di acquisto dello Stato) nelle gare di assegnazione dei lotti di buoni pasto, che vengono condotte con la logica del massimo ribasso. Per questo le associazioni chiedono anche di mettere un freno a questi ribassi e di equiparare valore nominale ed effettivo dei ticket. «Se si va avanti così – conclude Pertuso – il buono pasto rischia di diventare davvero inutilizzabile. C’è bisogno di una vera riforma che renda il sistema sostenibile. Ma è altrettanto urgente far si che la prossima gara Consip da 1,2 miliardi di euro non venga aggiudicata con gli sconti delle precedenti perché saremo sempre noi a pagarli».

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