L’obiettivo è quello di ridurre le emissioni nocive nell’aria. Lo stop alle auto a diesel e a benzina a partire dal 2035, sancito definitivamente dall’Eurocamera due giorni fa, rischia però di scatenare “effetti collaterali” come il licenziamento di migliaia di operai. In Puglia le crisi aziendali nell’automotive potrebbero determinare la perdita di addirittura 10mila posti di lavoro, come ha sottolineato Emanuele Ronzoni, commissario straordinario della Uil regionale, a margine dell’assemblea locale del sindacato che si è svolta ieri a Bari. «Insistiamo perché ci siano risposte», ha detto Ronzoni prima di accendere i riflettori sulle oltre 50 vertenze aperte in Puglia.
Il timore che la transizione si trasformi in una sorta di boomerang, riducendo lo smog nell’aria ma incrementando nel contempo il numero dei disoccupati, è concreto. In pericolo ci sono soprattutto i dipendenti di quelle aziende che producono motori a combustione interna e i relativi componenti e che ancora non si sono convertite all’elettrico. Un esempio? Bosch, che con 1.700 operai produce pompe a iniezione per le auto diesel in tutto il mondo. Lo stop alle vetture inquinanti stabilito dall’Eurocamera potrebbe ostacolare l’attuazione del piano industriale, varato a luglio scorso, col quale è stato scongiurato il licenziamento di 700 persone. Allo stato attuale, l’organico di Bosch registra un calo di 50 unità lavorative, mentre è leggermente aumentato il numero di addetti alla e-bike che presto dovrebbe toccare quota 150 così come la fabbricazione di un componente della pompa dovrebbe presto dare lavoro ad altre 50 persone. È ovvio, però, come lo stop al motore endotermico a partire dal 2035 renda urgente un’ampia diversificazione industriale da parte di Bosch. Ecco perché Bombardieri, dal palco di Bari, ha avvertito: «Non si può perdere un’eccellenza di questa Regione che per anni ha dato occupazione e sviluppo». Il caso di Bosch, però, non è isolato: lo stop all’endotermico rischia di penalizzare anche Magna, azienda che conta 900 addetti nella zona industriale di Bari, senza dimenticare Magneti Marelli, Ftp Industrial, Lasim, Dana e Italian Leather.
Sullo sfondo restano i temi legati alle vertenze aziendali, oltre 50 in tutta la Puglia, e ai salari, più bassi al Sud rispetto al Nord: «Stiamo chiedendo alla Regione e alle controparti di dare risposte concrete – ha concluso Bombardieri – C’è un problema legato all’occupazione, c’è un problema legato ai salari, perché quelli della Puglia sono più bassi rispetto ad altre Regioni, c’è un problema di assistenza e di sanità. Abbiamo chiesto investimenti, quindi chiediamo al governo regionale di metterci al tavolo per trovare le giuste soluzioni».