Scontro fra periti, ieri mattina dinanzi ai giudici della Corte d’appello di Lecce che stanno giudicando, in secondo grado, l’ex giudice del tribunale di Bari, Giuseppe De Benedictis, condannato in primo grado a 12 anni e 8 mesi per la detenzione di un intero arsenale da guerra.
Ieri mattina hanno testimoniato sia il perito nominato dalla Corte, Serafino De Giorgi, che quello di parte, Felice Carabellese. Ad entrambi erano state posti gli stessi quesiti, relativi alle condizioni psichiche dell’ex magistrato. Se, allora, per De Giorgi, De Benedictis era capace di intendere e di volere quando ha acquistato e conservato in una masseria centinaia di armi da guerra, del tutto differente è la posizione di Carabellese, incaricato dagli avvocati Gianfranco Schirone e Saverio Ingraffia di fare la stessa valutazione.
Al perito della Corte d’appello, i difensori e Carabellese eccepiscono di essersi limitato ad un’ora di osservazione, e di non aver tenuto in considerazione né tantomeno di aver acquisito la documentazione del Sim di Molfetta, che lo aveva in cura e gli avrebbe riscontrato una “monomania ossessiva per iperaccumulo di armi”.
Al termine, Carabellese ha spiegato di aver partecipato a quell’unico incontro con De Benedictis ma che non lo ritiene sufficiente per esprimere una valutazione psichiatrica. Ha quindi obiettato una deficienza metodologica del collega nella perizia. I legali hanno quindi chiesto ai giudici di disporre una nuova perizia medico legale, questa volta collegiale, ma l’istanza è stata respinta, ritenendola utile “allo stato”, e hanno rinviato alla prossima udienza del 22 settembre per le eventuali conclusioni.
L’ex gip del tribunale di Bari, che ieri non è comparso in udienza, si trova agli arresti domiciliari per questa vicenda nella sua abitazione di Molfetta. Si attende intanto la richiesta di rinvio a giudizio per i sette poliziotti, all’epoca in servizio alla Questura di Bari, accusati di aver consegnato a De Benedictis le armi che venivano “scartate” perché ritenute non utilizzabili.
L’avviso di conclusione delle indagini era stato notificato ad aprile scorso. Secondo la Procura di Lecce, da quegli uffici sarebbero uscite quattro delle 200 armi e munizioni ritrovate nel deposito sotterraneo di una villa di Andria di proprietà dell’ex giudice. L’ipotesi è che nel meccanismo di distruzione, alcune armi siano state sostituite con altre, meno buone, e le originali cedute all’ex giudice.